Home » Esteri, Politica » La prova di Obama

La prova di Obama

di Giovanni d’Orso

In America, le elezioni “midterm” (in italiano elezioni di “medio termine”) prevedono il rinnovo di tutti i 435 membri della camera dei rappresentanti, e un terzo di quelli del senato (quindi 33 o 34, più quelli rimasti vuoti o occupati da membri “provvisori”; quest’anno saranno 37). Si vota, inoltre, per eleggere i governatori di 39 stati. Barack Obama, odierno capo degli Stati Uniti, il 2 novembre, giorno delle elezioni, rischia di perdere il controllo dell’intero Congresso (cioè senato e camera). Le statistiche dicono chiaramente che il presidente attualmente in carica ha perso fiducia dei suoi elettori, causando così una perdita di voti del 10%. I Repubblicani conservatori, tra cui Sarah Palin, ex governatrice dell’Alaska, hanno aperto un tour de force contro Obama, visitando con un pullman 17 paesi in quindici giorni, insieme a vari Tea Party (movimenti conservatori socio/politici). Nella manifestazione avvenuta a Reno, in Nevada, l’ex governatrice ha dichiarato: “Il 2 novembre cacceremo Nancy Pelosi e Harry Reid. Obama, sappi che tu sei il prossimo”. Parole che hanno infuocato il megaparcheggio dove si è svolta la manifestazione. Il presidente ha risposto positivamente alle critiche elargite dall’opposizione percorrendo 5 stati in quattro giorni. Al pubblico sostenitore dei paesi in cui si è recato per la campagna elettorale, Obama ha dichiarato che “L’opposizione punta sulla vostra amnesia” continua dopo una spiegazione del perché delle elezioni e sul cosa bisognasse fare in caso di perdita delle elezioni , “Tocca a voi dimostrare che non avete dimenticato la politica fallimentare di coloro che ci hanno portato sull’orlo del baratro”. L’audience del presidente Barack Obama è andata a scemare lentamente. Se si considera che quattro anni fa viaggiava in lungo ed in largo in tutti i paesi senza paura di invadere la sfera di votati repubblicani, in questi giorni si è limitato a visitare piazze sicure come Los Angeles, San Francisco, Portland e Minneapolis, roccaforti democratiche formate non precari e disoccupati, ma da intellettuali e colletti bianchi. Gli scenari, nel caso dovessero vincere una delle due coalizioni, sono vari e del tutto diversi. Nel caso le elezioni fossero vinte dai Repubblicani conservatori, il popolo americano potrebbe dire addio alla riforma di Wall Street varata dal governo Obama. Questa manovra afferma che ai consumatori non potrà essere più chiesto di salvare istituzioni finanziarie in difficoltà o pagarne i costi di smantellamento. Alle autorità federali verrà concessa l’autorità di chiudere e chiedere lo spezzatino di grandi istituzioni finanziarie in difficoltà senza il ricorso ad aiuti pubblici per il loro salvataggio. Verrà istituito, oltre tutto, un meccanismo di liquidazione che verrà gestito dalla Fdic (Federal Deposit Insurance Corp.). Il Tesoro anticiperà i fondi necessari per la chiusura di società in fallimento, ma dovrà presentare allo stesso tempo un piano per recuperare i fondi spesi. Inoltre, il progetto prevede la creazione di un consiglio per la supervisione della stabilità finanziaria (Financial Stability Council) composto da dieci membri. In casi estremi, il nuovo organismo può utilizzare il potere conferitogli di imporre lo “spezzatino” di grandi istituzioni finanziarie. Infine, la norma punta a limitare le prese di rischio delle banche bandendo il proprietary trading dalle maggiori istituzioni finanziarie, che potranno, però, effettuare investimenti minimi in hedge fund e private equity. Per fissare le regole che consentiranno l’applicazione della Volcker Rule, le autorità avranno sei mesi di tempo. D’altro canto, se dovessero perdere i democratici, il Congresso andrebbe in mano ai repubblicani, la Camera sarebbe governata da John Bohner al posto di Nancy Pelosi, e questo equivarrebbe alla morte politica dell’amministrazione. Praticamente, ogni atto del presidente sarebbe soggetto a contrattazione con una pattuglia di repubblicani galvanizzati dall’umore conservatore e arrabbiato del Paese. Conosciamo quali sarebbero gli effetti di un nuovo governo Repubblicano, basta ricordare cosa non è stato fatto in precedenza dall’amministrazione giurassica del presidente Bush. Questa è l’ultima spiaggia per il presidente Obama, il quale farebbe bene a tirare i remi in barca e sperare in un passo in avanti da parte del popolo americano.