Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ha aperto diverse settimana fa alla proposta di un “parco dell’amore” partenopeo, un quartiere a luci rosse modello europeo. Il rumore che si è creato intorno all’azzardo del primo cittadino è stato forte, soprattutto durante i giorni centrali del mese di agosto. Una proposta approssimativa, giusto quel che basta per far parlare durante le ferie estive. Nel frattempo, l’avvocato Gerardo Marotta, fondatore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, alle prese con la mancanza di fondi e da tre anni senza finanziamenti da Regione Campania e Stato, preparava gli scatoloni per il trasloco della biblioteca che ha protetto per tutta la vita (dando oltretutto fondo ai propri beni privati) e grazie ai quali Napoli ha potuto continuare ad essere illuminata come centro di un vivido movimento culturale. Da parte del sindaco, non avrebbe guastato più tatto nel toccare problematiche che necessitano di un’ampia riflessione come la prostituzione e il controllo che la criminalità ha su di essa. Tuttavia, la vera domanda da porci è quella sulle nostre priorità di cittadini. Cittadini della città dell’inadempienza politica nei confronti di uno dei maggiori centri della cultura europee: l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Considerando i volumi che l’avvocato Marotta conserva da decenni nel Palazzo Serra di Cassano di Napoli, la città partenopea possiede uno tra i più grandi patrimoni della cultura occidentale. Eppure, la città cui noi apparteniamo in quanto cittadini sembra essere solo quella degli stereotipi della napoletanità, ma della vera essenza di Napoli, quella colta e intellettuale, quella che non ha avuto paura in passato davanti all’oppressore e che ha commosso i più grandi intellettuali di tutti i tempi, di questa città noi non siamo più i cittadini, bensì solo altri inappropriati oppressori. Prima del “parco dell’amore”, bisognerebbe tornare a parlare dell’amore per la cultura.
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