Per molti sembrerà assurdo o forse inutile dare importanza a quella pratica dell’industria discografica che viene identificata con l’espressione “loudness war”, in italiano “guerra del volume”. Probabilmente, tutto questo interessa a quei pochi appassionati che ancora amano acquistare e ascoltare musica nel modo più tradizionale del termine: cioè servendosi del supporto materiale, il cosiddetto CD (compact disc).
Nel momento in cui questo, ancora “vergine” e quindi spoglio di qualsiasi contenuto, viene inserito nell’apposito reparto per la fase di masterizzazione, non è casuale la scelta del livello di volume che viene concessa ai brani registrati sul disco: in altre parole, la musica che ascoltate dai vostri stereo tramite CD suona ad un volume predefinito, appositamente scelto dalla casa produttrice, e quindi oggetto di un attentissimo studio da parte di tecnici del suono.
È vero, tutto questo importa a pochi, anche perché pochi sono coloro che, francamente parlando, fanno attenzione a tutto questo. In realtà, però, fin dalla comparsa del vinile, e quindi già prima dell’evoluzione tecnologica che ha portato nelle nostre case il più comodo compact disc, le varie case discografiche si sono talvolta fatte concorrenza in relazione ai volumi sempre più alti che si riusciva ad imporre alle proprie masterizzazioni. È in relazione a tutto questo che oggi parliamo di “guerra del volume”: c’è chi sostiene questa ricerca di “frontiere”, ritenendo che il pubblico realmente preferisca registrazioni effettuate a volumi più elevati; c’è chi la condanna, affermando che una rimasterizzazione continua non faccia altro che distorcere eccessivamente il suono dei brani registrati, e quindi rovinarli. È importante sottolineare che la questione affrontata riguarda principalmente opere che nel corso degli anni sono state rimasterizzate, cioè sono state nuovamente pubblicate in una versione riveduta sotto molti aspetti, e in particolare sotto quello del volume: è quindi tutto verificabile, basta ascoltare uno stesso album sia nella versione originale che in quella più recente per rendersene conto, purché, ovviamente, la relativa casa discografica aderisca alla suddetta “guerra”.
Perché parlare di tutto questo, quando pochi di noi si accorgono di questi dettagli, di questi miseri particolari che sembrerebbero essere percepiti solo da esperti qualificati? In realtà, si è affrontato questo tema con lo scopo di illustrare e scoprire quanto possa essere complessa la realizzazione di un oggetto innocuo come un CD. La fase compositiva, cioè la canzone, il prodotto finito che ascoltiamo impacchettato solo alla fine dell’opera quando acquistiamo musica, in realtà è solo uno dei momenti che segna la nascita di un nuovo album. E a quanto pare è solo uno dei più importanti.
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