di Rosalba Ferrante
Nell’Antigone sofoclea Hegel vedeva “l’opera più eccellente ed appagante di tutti gli splendori del tempo antico e moderno”. In effetti, per tutto il secolo XIX, l’opera ha goduto di una fama tale che l’ha portata a divenire la tragedia greca per eccellenza, così intensa ed attuale per il simbolico conflitto che essa racchiude tra le forze maggiori operanti nella storia, famiglia e Stato.
Ma chi è Antigone oggi? È da questa domanda che parte la rivisitazione del dramma in chiave moderna di Valeria Perrella. Commissionata da Luca de Fusco, regista e direttore de Napoli Teatro Festival Italia, l’opera ha aperto la seconda tranche del Festival, con due serate in prima assoluta il 25 e il 26 Settembre al teatro Mercadante.
Polinice, ferito in battaglia, è tenuto in vita da molti anni da un respiratore artificiale e sua sorella Antigone, interpretata da Gaia Aprea, sfidando le leggi dello Stato dettate dal Legislatore, suo zio (Creonte nella versione sofoclea, interpretato da Paolo Serra), cercherà di interromperne le cure per dargli una degna sepoltura. Catturata e condannata all’ergastolo, a nulla serviranno le suppliche di Emone (Fabrizio Nevola) figlio del legislatore e promesso sposo di Antigone, ed inascoltati resteranno consigli e premonizione dei due corifei e dell’indovino Tiresia (rispettivamente Giacinto Palmerini, Dalal Suleiman ed Antonio Casagrande). Antigone, in carcere, dopo un intenso dialogo con un’ergastolana sua compagna di cella (Nunzia Schiano), sceglierà il suicidio, l’unica strada a lei concessa per la sua agognata libertà.
Al tema originale della sepoltura, viene dunque sostituito quello attualissimo dell’eutanasia, portato in scena con una visione del tutto laica: al termine del dramma, infatti, la ragione assoluta non è da nessuna delle due parti e l’interrogativo, in un certo senso, resta ancora aperto. Il conflitto tra i due personaggi più forti caratterizza tutto il dramma, ricalcato dal vasto utilizzo di videoscenografie: Antigone è un personaggio ribelle, combattivo e deciso, non si rassegna alla sua posizione di subordinazione alla quale invece si sottomette silenziosamente sua sorella Ismene e contrappone al diritto delle leggi quello degli affetti. Da dove proviene realmente il diritto, si chiede: per i sofisti del V secolo la legge erano solo una convenzione sociale ed i sostenitori della tradizione, la cui posizione sostiene la stessa Antigone, ritenevano che essa traesse origine da un forte impulso alla giustizia presente in ogni uomo. Dall’altra parte, invece, si staglia la figura di Creonte, menzionato significativamente solo con il nome di Legislatore, che assume, rispetto al testo sofocleo, una nuova sfumatura: al pubblico ateniese, infatti, esso doveva apparire come la tipica figura del tiranno, arrogante, collerico, incapace di prevedere le conseguenze dei suoi atti, condannato alla rovina dal suo carattere duro ed intollerante ed infine isolato dai suoi stessi cari. Nella versione della Parrella, invece, se da una parte Antigone è certamente l’eroina del dramma, dall’altra il Legislatore non rappresenta più il male assoluto, le sue posizioni, se pure estreme, seminano dubbi e riscontrano consensi anche negli stessi corifei, esse infatti nascono dalla consapevolezza, dall’accortezza, dal dovere che gli impone di far rispettare le sue leggi ugualmente a tutti i cittadini, senza distinzioni. “La tua libertà finisce laddove inizia quella del tuo prossimo” dirà ad Antigone in un episodio.
Infine, come contorno del dramma, ma allo stesso tempo fondamentale e significativo per il suo svolgimento, è la messinscena del tutto essenziale: i personaggi spiccano dalle scene buie e spoglie di Maurizio Balò, i costumi di Zaria de Vincentis ne sottolineano la concettualità e le musiche del compositore israeliano Ran Bango insieme al disegno luci di Gigi Saccomandi ne ricalcano la potenza mitica. “Il testo è antinaturalistico a tutti gli effetti ed i personaggi sanno di essere tali”, spiega in conclusione il regista De Fusco, “I corifei si chiedono se abbia ancora senso fare parte di un coro ormai quasi del tutto estinto, Tiresia è consapevole di essere un personaggio fantastico ed Antigone, da parte sua, sa benissimo di essere un mito”.