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Renzi e la “sottile linea rossa”: essere di sinistra e non avvertirlo

di Mattia Papa

Non c’è dubbio: l’Italia ha bisogno di un rinnovamento. Come questo verrà inteso, è tutto da vedere.
Lo scontro che sta avvenendo all’interno del PD è l’emblema di quello che sarà in Italia: benché si stia sviluppando nella casa della sinistra, ben presto anche le altre forze politiche di centro e di destra dovranno allinearsi. I fronti che si scontrano (rottamatori e progressisti) sono rappresentati notoriamente da Renzi e da Bersani. Il primo è il giovane con idee vecchie; il secondo rappresenta il vecchio con idee nuove: un progressista, così si fa chiamare. Gli altri candidati – è evidente – sono solo uno specchietto per le allodole in appoggio al segretario: la Puppato rappresenta l’energia delle donne che avvertono di dover avere maggiore considerazione in politica (argomento ampiamente esposto nella carta di intenti del politico di Bettola), e Vendola – che tenta di togliere voti al rottamatore per acquistare una ancora maggiore voce in capitolo (consapevole di non poter vincere e diventare così il candidato premier) all’interno delle decisioni della Sinistra – rappresenta il frangente più estremo della politica bersaniana, la voce che vuole ricordare all’attuale segretario da dove viene. In qualsiasi caso, Renzi e Bersani muovono dallo stesso punto: il PD. Ma le loro divergenze si aprono immediatamente dopo aver travalicato la linea della partenza. Mentre Bersani opta per aprire al nuovo fronte dei progressisti per riformare un’Italia in rovina (candidandosi così a leader dei progressisti stessi attraverso le sue alleanze ad ambo i lati), Renzi, invece, vuole cancellare qualsiasi forma di politica esistente. È riuscito, infatti, a scardinare i pilastri storici della sinistra nel giro di pochi mesi, facendo perno sulle insoddisfazioni degli italiani; è riuscito ad oscurare anche ciò che di positivo è stato fatto dai vecchi dirigenti, come ad esempio il fatto di aver portato l’Italia nell’Euro. E per quanto questa scelta abbia causato non pochi problemi, bisogna riflettere su quale sarebbe stata la nostra sorte all’interno dell’Europa se fossimo rimasti con il nostro vecchio conio: ugualmente avremmo dovuto adeguarci all’andamento economico dell’Ue, soltanto che saremmo rimasti fuori dai giochi di potere, quelli veri.
Renzi “minaccia” i vecchi leader con slogan e gesta di berlusconiana memoria (pensiamo al fantoccio di D’Alema investito dall’enigmatico camper del giovane sindaco di Firenze). Il prossimo passo, ci si chiede, non sarà per caso lanciarsi mortadella in faccia negli Uffizi? Insomma, più che un rottamatore, Renzi sembra più un populista con risentimento nei confronti di una destra che non ha saputo accudirlo e onorarlo a sufficienza, che non ha saputo rispettare il paese o che – cosa ancor più grave – non ha giocato d’astuzia per radicare ancor di più il suo potere, che non ha colto bene il frutto della già logora Dc. Egli sembra più un centrista che attinge voti dal pozzo dei delusi del PD. A guardarlo bene, Renzi non ha fatto molto di diverso da ciò che fece Berlusconi al tempo della sua discesa in campo: non ha parlato di problemi reali (poiché non si aspettava che i pilastri del PD si ritirassero davvero), ma ha fatto solo promesse vanesie (tasse, rinnovamento della classe politica, laicizzazione statale) senza parlare né di numeri (non quelli che gli permettono di girare in camper e che pubblica sul suo sito, bensì quelli che gli serviranno per mandare avanti il paese) né di vere leggi. Quello del sindaco di Firenze è un cavalcare l’onda del disordine, promuovendosi come rinnovatore ma rimanendo fondamentalmente in un sistema malato e corrotto, vecchio di sessant’anni e più. E se è come Marx sottolineò nei suoi studi hegeliani, allora “la storia si ripete due volte: ma la seconda come farsa”. Speriamo che questa non sia affatto una ripetizione del berlusconismo, ma che il periodo di “fantocci e ballerine” sia già stato una riproposizione di un periodo terribile quali quelli ancor precedenti al berlusconismo stesso. Speriamo che questo sia il periodo di una nuova sintesi – per rimanere in termini hegeliani – e che dopo l’Antitesi Monti, vi si prospetti una commistione guidata più dall’influenza della serietà e della classe dei tecnici, che dal degrado circense degli ultimi vent’anni, i quali abbiamo purtroppo come Tesi, principio di riflessione e atto fondativo della nostra attuale condizione, e quindi inevitabile bagaglio da smaltire nel tempo.