Talvolta, quando è forte lo sconforto e
la vita della vita in-
degna, ci si rifugia dentro un sogno
ché il sogno è specchio obliquo d’ogni segno.
“Antonio, ti ricordi ancora chi ero?
Ancora sogni il mio volto e la voce?
Cosa ti porta qui, ove la luce
non è che l’ombra pallida d’un cero?”
“Nostalgia. La tua assen-
za incolmabile ora”
“Per noi la vita è sempre stata questo.
Vero? Tutto soggiace alla parvenza
del sogno. Nulla conta. Nulla, senza.”
“Tu per un sogno moristi. Donasti
vita e ambizione alla bianca sovrana.
Rimpiangi? casa tua…Via Nomentana…
“No. No mai. Mai davvero.
Così doveva andare,
Dovei morir virgulto
per ottenerlo presto:
La fama imperitura
del fiore che appassisce
appena si matura”
“Perché mi dici questo?”
“Giuro non so. Lo giuro.”
.
.
.
.
.
.
.
Cavalli azzurri si vanno a formare
lì su uno sfondo che brusco scompare.
E calciano
e nitriscono
“È tardi devo andare”
“È così che finiscono?”
“È così”
“Solo una sola! Lascia che la dica!”
“Fai presto. O non la fare.”
“Che fu per te la vita?”
“Fu viverlo:
il sogno di cantare.”