di Marco Chiappetta
TRAMA: Marino Pacileo (Toni Servillo), contabile del carcere di Poggioreale a Napoli, si innamora della giovane cinese Lila (Mi Yang), cameriera del ristorante nel cui retro si presta al gioco d’azzardo. Solitario e silenzioso, Gorbaciof sogna una fuga d’amore con Lila, ma deve prima risolvere i suoi debiti di gioco, pur con azioni illecite.
GIUDIZIO: Struggente e meraviglioso, crudo e poetico a un tempo. Il film di Stefano Incerti colpisce e scioglie il cuore con una grazia inimitabile: ora con sguardi e silenzi da cinema muto, in cui l’espressività degli attori (su tutti un Toni Servillo più bravo che mai, qui trasformato dal trucco) e l’eccellente colonna sonora del buon Teho Teardo sanno regalare vere emozioni; ora con pedinamenti di stampo neorealista, grazie all’uso nevrotico e insistito della camera a mano.
Un gioiello di puro cinema, insospettabile in un periodo di cosiddetta crisi dell’industria italiana, sorprendente ed esaltante, profondo e ricco di temi, che sa raccontare la solitudine, l’umanità e l’amore platonico e incomunicabile tra due emarginati che ancora non sanno rinunciare alla speranza e alla vita, sullo sfondo originale di una Napoli inusuale e mai vista, quella della zona non proprio elegante del Vasto (resa tuttavia affascinante dalla bella fotografia di Pasquale Mari).
Una favola amarissima che è anche un dolente apologo sulla stupidità del male, come esplica assai bene il finale tarantiniano (il richiamo è Pulp Fiction). Il protagonista, antieroe romantico e umanissimo ha grandi probabilità di sopravvivere nella memoria collettiva di chi respira cinema.
VOTO: 3.5/5