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Fra entusiasmo e nostalgia, il weekend italiano dei Muse

I Muse sul palco dell’Unipol Arena di Bologna

di Giacomo Palombino

Con grande entusiasmo, i Muse sono stati accolti, lo scorso weekend (16 e 17 Novembre), a Bologna e Pesaro, le città italiane scelte dalla band fra le tappe del loro tour europeo; a sorpresa, inoltre, sono state già comunicate altre due date che vedrà i tre musicisti inglesi esibirsi nuovamente nel nostro paese nell’estate del 2013.
I concerti sono stati all’altezza delle aspettative: luci, effetti speciali, energia, calore, non è mancato nulla, e di certo a tutto questo ha contribuito la partecipazione straordinaria del pubblico. I fan hanno aspettato la band con l’emozione solitamente concessa solo ai migliori, costringendo addirittura l’organizzazione ad emettere nuovi biglietti a poche settimane dalle esibizioni.
La scaletta dei brani è stata forse uno dei punti di forza dei live: la scelta è stata estremamente equilibrata, spaziando in maniera particolare dal loro secondo album, “The Origin of Symmetry”, fino all’ultimo, “The 2nd Law”, concedendo un intreccio perfetto delle varie fasi che hanno caratterizzato la carriera dei Muse.
In realtà, nonostante la passione con cui i fan continuano a sostenere i loro idoli, l’ultimo progetto della band, presentato in questa rubrica prima della pubblicazione avvenuta lo scorso Ottobre, non ha suscitato un grande entusiasmo: l’opera è composta da brani che sembrano mancare di quella energia caratteristica del gruppo. Ha inciso molto, evidentemente, una forte attrazione verso generi e stili che per alcune sfumature si dimostrano lontani da quelli dei Muse: in certi momenti, nell’accompagnamento musicale, sembra di ascoltare i più classici arrangiamenti degli U2, oppure, spesso nella voce e nella chitarra di Bellamy, è lo stile dei Queen a venire fuori. A parte questo, si ricorda anche la collaborazione con Skrillex, il quale avrebbe supportato la band per l’influenza dubstep accolta in alcuni brani, ottenendo come risultato un rock ancora più elettronico del solito.
Nel complesso, “The 2nd Law” non è il migliore album dei Muse: si aspetta sempre quel passaggio, quella spinta, quell’accelerazione tipica, che ha portato il gruppo britannico ad essere il massimo esempio di come si possa comporre equilibrando fra loro melodia e distorsione. Per questo motivo si prova un pizzico di nostalgia, pensando forse all’inizio di una nuova fase caratterizzata da un compromesso con scelte più “popolari”.
Nonostante tutto, però, c’è anche da dire che la caratteristica dei Muse è stata sempre quella di sperimentare, non ripetere e riproporre di continuo cose già sentite; a differenza dei rivali Coldplay, che pur ottenendo grandi successi, hanno adottato un modello standard di composizione che rende quasi impossibile cattive riuscite.
Da apprezzare quindi i tre artisti inglesi per quello che sono: una band che dopo sei album riesce ancora a sperimentare e, ciononostante, a stupire.