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“Dialoghi con Italìa – PROEMIO”

di EbbroFiore

“Quanto splendore sei
O mia bella Italìa.
Ho paura a guardarti
tutta insieme.

Ho paura che il cuore
mi si fermi
dinanzi al tuo splendore.

Ho paura che un giorno possa farlo
il tuo. A causa d’un figlio
(un) figlio tuo.

Ma io non ho che vénti e
vénti parole a te:

Quanto splendore, sei
O mia bella Italìa”

“Chi sei tu, figlio mio
che m’invochi col nome?
Sol pochi un tempo fìon a
scoprirne ‘vero il come”

“Chi ti tende la mano
O Madre e Musa
è qui un napoletano
che rima alla rinfusa e
s’ispira al dannunziano”

“Cosa tu chiedi
Giovane che sa?”

“Ch’io sia cantore”

“Cantore non sei già?”

“Non come mi fa ‘l cuore”

“Come esso fa?”

“Voglio essere cantore,
‘sì come s’è cantanti
‘sì come s’è s’attori
‘sì come s’ha successo.

Voglio l’ardir dei tanti
fiorire e poi bruciare
‘sì come fa un agave
‘sì come fa la stella.

Voglio essere così
poiché non v’è altrimenti
poiché voglio la fama
e un giorno vorrò inciso:

‘La gloria fu la meta
del cantore di storie
Qui giace quel poeta
‘cui nome fu ebbro fiore'”

“Li accolgo con sorriso i
tuoi versi, e i tuoi tormenti
ché quanto in cuore senti
è il desio di un Narciso.

Sii mio cantore (s’è questo che vuoi)
ma restavi nascosto
sii decoroso, ma sii disadorno
Canta i miei figli, a loro da’ il posto
e solo un giorno
altri i tuoi canteranno

non c’è altra via
né mai vi fu una meta”

“…”

“Allora?”

“Allora così sia,
se quest’è l’essere poeta
O Musa e Madre mia
Via (!) i panni dell’esteta.
Dei tuoi dirò la gloria, l’arte
la storia, l’amore, la morte.[…]
Di chi insegnò amicizia, amor patrio, poesia
io canterò la sorte.

Non più un nome, giacché
un Verbo. Oggi nasce un servitore
da che muore un superbo”