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Alla ricerca dell’Italia perduta: la politica nel periodo della Ricostruzione

di Mattia Papa

“[…] tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.”
(Dante Alighieri – Inferno, XXXIV, vv. 137-139)

È passata poco meno di una settimana dalla vittoria del segretario Pierluigi Bersani alle Primarie del centrosinistra, ma l’Italia già respira aria nuova da un bel po’. Non è di certo la vittoria del segretario a determinare il cambiamento. Questa, infatti, è solo l’ultima tappa di un processo ben più lungo e che si è dispiegato nel corso dell’ultimo anno e mezzo. Il vento di quella che potremmo chiamare la “Ricostruzione” di un paese in ginocchio, ha iniziato a tirare dall’incarico ricevuto da Mario Monti più di un anno fa. Il compito di salvare l’Italia dal baratro è andato a spazzare via il polverone di un malcostume diffusosi in tutto lo stivale per circa vent’anni. Il Governo – imponendo una austerità che, prima di dismettere i vestiti degli italiani e di stringere la cinghia dei loro pantaloni, ha riconsegnato un tono di sobrietà al Belpaese – ha sostenuto una ripresa di dignità della nazione all’estero e rilanciato una sobrietà all’interno dello stivale stesso. Purtroppo, però, il governo dei tecnici non ha avuto quell’empatia tale da confrontarsi con il popolo e guardare oltre la punta delle proprie competenze (per la maggior parte economiche). A metà del 2012, così, già si iniziava ad avvertire un necessario ritorno della politica, quel sentimento di riappropriazione del proprio paese da parte dei cittadini. Quando è giunto lo tsunami politico-generazionale di Matteo Renzi, il trampolino per quella svolta di cui si sentiva l’esigenza ha iniziato a disegnarsi davanti agli occhi degli italiani che in tanti hanno iniziato a credere di nuovo nella figura di chi si propone per rappresentarli. E il sindaco di Firenze ha, infine, questo grande merito: essere riuscito a comunicare, ad entrare in contatto con le vecchie e con le nuove generazioni, in un paese di disillusi. Ha riavvicinato i giovani alla politica e ha rotto le barriere che emarginano i neo-laureati, diplomati o semplicemente i “nuovi adulti” alle definizioni di “bamboccioni” o di “choosy”. Lo stesso Beppe Grillo, dal canto suo, ha dato un aiuto a quella fetta di popolazione che non sapeva più dove guardare in un periodo di disorientamento assoluto. In un popolo a cui erano stati cancellati tutti gli orizzonti e le nuove prospettive, il comico ha riacceso un interesse che sembrava svanito e ha ridato la consapevolezza ai cittadini di essere i veri padroni. Grillo ha di fatto lasciato il segno perché ha ridato la dignità agli italiani, la dignità di poter scegliere e soprattutto di lasciarsi scegliere. Anche se odiandolo, rinnegandolo o semplicemente contestandolo, tutti hanno saputo e voluto giudicare il Movimento 5 Stelle, che ha il grandissimo merito di ri-qualificazione umana degli italiani. E ancora, tappe del lungo processo di riabilitazione sono la vittoria (sempre grillina) a Parma di Federico Pizzarotti (che ha fatto tremare la terra sotto i piedi dei signori nelle stanze del potere), quella delle liste civiche sparse in tutta la nazione in sostegno degli attuali governi regionali e comunali; oppure le manifestazioni degli operai, le occupazioni studentesche negli istituti di scuola superiore e le rivolte dei centri sociali, dei docenti e dei trasporti. Solo alla fine la situazione si è “stabilizzata” raggiungendo l’ultima tappa, ovvero la vittoria del segretario Bersani domenica 2 dicembre. L’esito positivo della sfida apertasi nel Partito democratico tra le nuove tendenze interne dei progressisti e dei rottamatori ha portato, quindi, una ventata di freschezza in una nazione in cui le palpitazioni per le elezioni non si sentivano da un bel po’. Un paese che ha perso tutto (dalla speranza al lavoro) si è rialzato gridando il suo nome, se non altro per ritrovarsi nella fitta boscaglia in cui si era perduto. Un ventennio di malaffare, corruzione e prese in giro per il popolo giunto all’apice del declino è arrivato al capolinea. Le Primarie hanno trasformato il clima di indifferenza in una nuova speranza per il futuro e la popolazione si è felicemente riavvicinata alle urne, alla politica stessa e a chi è affidata l’amministrazione della nazione. L’obiettivo reale è stato raggiunto, ed è stato forse anche l’unico che abbia mai interessato i votanti: avere voce in capitolo, di nuovo. Si è dimostrato di non essersi arresi e di essere consapevoli del essere sovrani tutti insieme. Certo, parlare di una tale consapevolezza è probabilmente un’iperbole, ma non si può credere che Renzi – ormai una forza fortemente affermata nel Pd – abbia preso quasi il 40% dei voti al ballottaggio per il suo programma elettorale. È in atto una riformulazione, una Ricostruzione del paese che parte dal “costume”, dalla morale, dal senso di solidarietà comune. Una ricostruzione che muove dal civile, restaurando una conversazione lasciata in letargo per troppo tempo davvero e che ora si risveglia con nuova voce.