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Gli Astolfo sulla Luna e la musica “brutta”

di Giacomo Palombino

Musica “brutta” è una chiosa esclusivamente provocatoria. E la provocazione, inoltre, non è rivolta alla band di cui si vuole parlare, ma alla vasta e troppo spesso omogenea scena artistica giovanile che si muove nel panorama musicale italiano.
La “musica brutta” è quella musica che si presta poco ad un ascolto abituale; è la musica diversa, quella che si distingue e per questo si isola, ponendosi lontano dalle luci proiettate tutte a rendere evidente cose ascoltate troppo frequentemente. La “musica brutta” è la musica nuova: ecco perché gli Astolfo Sulla Luna, trio napoletano, meritano pienamente di essere ricordati in questa rubrica. Difficile riconoscere il loro genere musicale: precisamente dovremmo parlare di slowcore, categoria all’interno della quale rientrano band come gli statunitensi Slint, stile compositivo che per una caratteristica su tutte esce dai consueti schemi a cui siamo abituati: i testi delle loro canzoni, infatti, sono completamente recitati. In qualche modo (non si fraintenda quest’affermazione), è una musica “stonata”, nel senso che manca una vera forma d’intonazione delle parole.
Altro elemento interessante è la voce femminile che domina su basi strumentali molto cupe, il tutto condito da un ritmo lento, che concede ai brani un’atmosfera quasi ipnotica e che in pochi momenti propone degli spunti di accelerazione.
Lei, Lui e l’Altra (così si fanno chiamare i componenti del trio), hanno fino ad oggi due album all’attivo, “Moti Browniani” e “Cancroregina”. Il nome della band, chiaro omaggio al genio di Ludovico Ariosto, sottolinea la loro ispirazione letteraria, una tendenza alla poesia e all’arte in genere che si percepisce in maniera chiara, ma che non deve essere presa troppo sul serio.
Gli Astolfo sulla Luna sono una giovane rock band alternativa che, si spera, continuerà a fare musica “brutta”, senza compromessi di nessun tipo, proponendo un’alternativa concreta al “già sentito”.