Un Senato bloccato in una maggioranza relativa del centrosinistra, una Camera risicata per la coalizione di Bersani (ma il primo partito a Montecitorio è il Movimento 5 Stelle). Dal voto per le politiche 2013 salta fuori così un’Italia ingovernabile.
I numeri. I dati disegnano al Senato: Pd-Sel al 31,6% con 120 seggi, Pdl-Lega al 30,6% con 117 senatori, M5S al 23,8% con 54 seggi, Scelta Civica di Monti al 9,1% con 18 seggi. Numeri molto al di sotto della soglia dei 158 seggi necessaria per la maggioranza che indicano una frattura difficilmente governabile.
Alla Camera, gli scrutini hanno trovato un centrosinistra che ha ottenuto una maggioranza per meno di 124mila voti, con il 29,5% contro il 29,1% del centrodestra e il 25,5% del Movimento 5 Stelle. Tuttavia, in virtù della legge elettorale, la coalizione guidata da Bersani ottiene il premio di maggioranza, conquistando 340 seggi. L’alleanza di Monti si ferma invece al 10,5% con 45 seggi.
Scenari. Nello scorcio politico di un’Italia fratturata, emerge un centrodestra che ha conquistato poltrone fondamentali al Senato di Palazzo Madama in alcune regioni chiave come la Lombardia, la Calabria, la Puglia (vendoliana) e la Campania. Nella regione guidata da Stefano Caldoro (PdL), la coalizione di Berlusconi ha trovato il 37,4% di voti contro il 29% di Bersani e il 20,7% di Grillo. La Napoli “arancione” di Luigi de Magistris e la Salerno di Vincenzo De Luca hanno però mantenuto una preferenza verso la coalizione di centrosinistra (33,2% nel capoluogo campano e 36,6% nel salernitano). Rocca berlusconiana si conferma invece la provincia di Caserta: Casal di Principe con oltre quattromila preferenze (56,3%) al centrodestra (poco più di mille al centrosinistra, superato dal M5S al 20,5%), Santa Maria Capua Vetere con il 41% di voti per Berlusconi e Castel Volturno con il 53,9%.
Alla Camera dei Deputati (il cui voto è stato esercitato anche dai minori di 25 anni), il Movimento 5 Stelle, con il 25,5%, è primo partito per voti singoli, contro il 25,4% del PD (29,5% alla coalizione di centrosinistra) e il 21,6% al PdL (29,1% all’alleanza di centrodestra). Il movimento di Grillo è stato, inoltre, il partito più votato per Montecitorio in cinque regioni: Sicilia, Abruzzo, Liguria, Marche e Sardegna.
Uno scenario da risiko politico, dunque, dove il lancio dei dadi ha ribaltato ogni attesa della vigilia.
Macello Porcellum. Scenografia di queste elezioni politiche, vera protagonista sullo sfondo, è senza dubbio la legge elettorale.
La legge “porcata” Calderoli ha infatti regalato l’ennesimo scempio politico e ha confermato di essere il primo manicomio della democrazia. Il Porcellum, in vigore dal 2005, è stato sperimentato nel 2006, nel 2008 e nel 2013: due volte su tre ha già costruito una scena politica instabile. Da ieri, sembra essere giunto il nuovo (e forse più evidente) disastro elettorale. Tra i vari tecnicismi demenziali e truffaldini di questa legge elettorale – tanto criticata, ma mai toccata – quei premi di maggioranza (obbrobrio democratico che a questo giro ha rattoppato il centrosinistra alla Camera) assegnati a forze che non raggiungono neanche un terzo degli elettori. E’ da questo macello che qualsiasi governo, domani, dovrà cominciare le sue riforme.
Cartello di governo. Eppure, l’interrogativo imprescindibile che ronza nella testa degli italiani riguarda proprio Palazzo Chigi.
Tra seggi, seggiolini e percentuali si dovrà ricavare un governo per un paese uscito dal voto senza maggioranza. Bersani ha dichiarato che “chi non riesce a garantire la governabilità al suo paese non può dire di aver vinto le elezioni”, da qui il corollario che vuole un centrosinistra non vincente “anche se è arrivato primo”.
Assunto lo scivolone di Monti (al 10% a Montecitorio) e il mega-flop di Ingroia (che resta fuori dal Parlamento) ed escluso dallo stesso Bersani il “governissimo” dall’asse improbabile Pd-Pdl, il primo interlocutore del centrosinistra diventa per forza di cose il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. “Vedremo riforma per riforma, legge su legge – spiega il comico genovese- e se ci saranno proposte che rientrano nel nostro programma le valuteremo”. Lo stesso Bersani ha ricordato che “il Movimento 5 Stelle è il primo partito alla Camera” e che “secondo i grandi modelli democratici” la poltrona di presidente a Montecitorio potrebbe passare ad un uomo di Grillo.
Tsunami Grillo. Nell’irrisolutezza elettorale, però, un dato sembra essere certo: l’exploit del Movimento di Grillo è assoluto e costringe a una riflessione rigorosa e capillare.
E’ necessario guardare in faccia alla realtà, lasciando da parte le arringhe semplicistiche.
Grillo è un voto di protesta anti-politico? La risposta è no. Una protesta si ferma al 10%. E il M5S non può essere considerato, in maniera approssimativa, “anti-politica”. Al contrario, Grillo (o Casaleggio, se vogliamo, o chicchessia lo spin doctor di turno) ha intercettato una mancanza di movimenti radicali forti, ha interpretato l’erosione dei partiti dell’establishment italiano e ha portato sul tavolo politico una realtà politica alternativa, con tutti i difetti e tutti i limiti.
Com’era prevedibile, poi, l’ondata di grillismo ha coinvolto in maniera particolare la fascia di elettori under 25: più di sette milioni i voti del M5S al Senato (voto riservato ai cittadini che hanno compiuto 25 anni), ma oltre otto milioni e mezzo i voti alla Camera. Su questa linea d’onda, qualcuno esorcizza il fenomeno: gli elettori di Grillo – viene detto – sono in realtà barbari, vittime di populismo, menti disinformate che neanche conoscono il programma del Movimento. Il punto, invece, credo sia il contrario: l’affermazione del M5S è stata così ampia sul territorio proprio perché la base vede rappresentato in maniera totale il proprio furore in un’agenda politica. Quelli di Grillo sono “barbari” molto diversi dalle frotte di berlusconiani e leghisti che nel ’94 entrarono in Parlamento. E liquidare candidamente un fenomeno così assoluto, senza guardarsi allo specchio, è il peggior errore di una politica che cerca ancora di salvare il salvabile.
P.S. Un riflettore personale, forse ingenuo, lo vorrei porre sui voti meridionali dati alla Lega Nord. In Campania, 8972 voti per la Lega alla Camera e 6929 al Senato. In Calabria, 2205 schede Lega Nord per la Camera e 2132 al Senato. Voto di protesta? Voto ironico? O, ancora, segni di una corruzione criminale?