Il primo marzo 1917, Nablus, una delle città più grandi della Cisgiornadia, assiste alla nascita di colei che canterà più verosimilmente la crudeltà della guerra palestinese ed il duro silenzio delle donne arabe, che esse stesse sottomette. Dal 1967, anno in cui Nablus fu accupata dagli israeliani a seguito della Guerra dei sei giorni, la cosiddetta “poetessa della Palestina”, si dedicò quasi esclusivamente, attraverso la poesia, alla denuncia delle gravose condizioni umane e politiche nelle quali versano i suoi concittadini e delle regole di una rigida società patriarcale che costrinsero la stessa Tuqan ad essere privata del diritto all’istruzione. La poetessa, tanto è vero, riuscì solo a circa quarant’anni ad iscriversi alla Facoltà di lingua e letteratura inglese presso l’università di Oxford. La sua dedizione alla poesia iniziò quando il fratello Ibrahim, già poeta ed autore di testi teatrali, le trasmise passione per quest’arte. Per questo motivo dedicò la sua prima opera poetica, “Mio fratello Ibrahim” (1946), al fratello, peraltro venuto a mancare nel 1941. Di Fadwa Tuqan si ricordano, inoltre, “Sola con i giorni” (1952), “Dateci amore” (1960) e “Davanti alla porta chiusa” (1967), che furono oggetto di interesse da parte delle donne arabe, le quali condividevano i motivi della sua protesta e cominciavano a credere in un essenziale cambiamento della loro condizione esistenziale. Negl’anni ’80 e ’90, la fama della “poetessa della Palestina” approdò anche negl’ambienti culturali d’Europa, in particolare in Grecia e in Italia, nei quali paesi ha ricevuto numerosi riconoscimenti, aggiudicandosi nel 1990 il celebre premio “Palestinians Jerusalem Award for Culture and Art”. A Fadwa Tuqan non è andato solo il merito di aver denunciato delle inaccettabili nefandezze umane ma soprattutto quello di aver ricordato in versi come quelli di “Come nasce una canzone”, che la speranza si può anche riconoscere nel dolore e che non dobbiamo mai farci travolgere dagl’avvenimenti che ci sconvolgono la vita. La poetessa predilige una semplicità terminologica e stilistica affinchè il messaggio possa arrivare persino a quelle persone (specialmente donne) che non sanno né leggere né scrivere, terribilmente migliaia nel suo paese. E non colpisce di meno, il fatto che nella sua poesia che le figure retoriche siano composte per lo più da riferimenti ad elementi della natura come in “Il diluvio e l’albero”. Questa scelta è dettata dallo straordinario desiderio che intravede nel suo popoli di conquistare la quiete, l’equilibrio e l’attaccamento alla propria terra.
“La poetessa della Palestina” è scomparsa a Nablus il 12 dicembre 2003.
“Come nasce una canzone”
Le canzoni nostre le prendiamo
dal tuo tormentato e sciolto cuore;
e sotto il peso del buio e della notte
le impastiamo con la luce, con incenso,
con amore e con voti,
le carichiamo del vigor delle rocce
e del salice;
dopo di che le restituiremo al tuo cuore,
puro e trasparente quale cristallo
oh! nostro lontano e paziente popolo.
(Fadwa Tuqan)