Da poco si è conclusa la 63^ edizione del Festival di Sanremo. La maggiore manifestazione canora italiana, ogni anno, trascina dietro di sé critiche, malumori, giudizi negativi e, a volte, positivi, che pongono al centro dell’attenzione uno spettacolo che sarà sempre oggetto di grande interesse per la cultura televisiva più che musicale del nostro paese. La canzone scala ad un secondo posto, l’attenzione che dovrebbe essere concessa alla musica diviene secondaria rispetto alla battuta del presentatore, al vestito della valletta, alla sistemazione della scenografia. Il risultato di questo atteggiamento non è da sottovalutare, perché il fenomeno che ha investito il festival negli ultimi anni è significativo. Riportando un breve resoconto dei risultati finali delle ultime cinque edizioni, o almeno i dati più interessanti, oltre i nomi dei vincitori: nel 2009, con il brano “La forza mia”, vince Marco Carta; nel 2010 vince Valerio Scanu, con il brano “Per tutte le volte che”, terzo si posiziona Marco Mengoni, con “Credimi ancora”; nel 2011, vince una vecchia gloria (ma evidentemente ancora in forze), Roberto Vecchioni, con “Chiamami ancora amore”, e nello stesso anno, secondi classificati, sono i Modà con Emma e la canzone è “Arriverà”; nel 2012 è la stessa Emma ad aggiudicarsi la vittoria con il brano “Non è l’inferno”, mentre la seconda posizione è di Arisa, “La notte”, e la terza è di Noemi, “Sono solo parole”; nel 2013 la prima posizione è di Marco Mengoni con “L’essenziale”. Dal 2009 al 2013, ben otto volte appare in classifica un nome legato ad un talent show (in misura maggiore ad “Amici” rispetto che ad “X-factor”), considerando anche riconferme e quindi artisti che si ripetono in edizioni differenti.
Sono dati posti alla disponibilità di tutti, che bene o male, nel corso degli ultimi tempi sono stati già oggetto di osservazioni e valutazioni. Forse si dovrebbe realmente pensare ad una rinnovazione, ad un passo avanti, o meglio, ad un passo indietro. La problematica non sorge – attenzione – in riferimento alla bravura degli artisti o alla bellezza delle canzoni (discutibili così come ovviamente apprezzabili), ma si riflette su un sistema che sembra avere un esito a senso unico. In qualche modo, la morale che emerge dal festival è quella dell’esaltazione del successo facile, del primo premio dato al più bello, al più fotogenico, al più simpatico, e poi forse al più bravo. Le canzoni vincenti erano probabilmente le più belle, non lo si mette in dubbio: ma quando si parla di arte, quando si parla di musica, sarebbe bello potersi godere l’ascolto di una canzone a prescindere da una storia televisiva che ha come protagonista la persona che la canta.
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