Tra le prime righe di “Richard Wagner a Bayreuth”, Friedrich Nietzsche scriveva parole che appaiono illuminanti riguardo la condizione italiana del post-elezioni. Diceva: “Su molte cose il soffio della storia passa come se si trattasse di fiocchi. Ma accade anche che un uomo possente vibri un colpo che si abbatta senza effetto su di una dura roccia; una breve e acuta eco, e tutto è finito. La storia non ha quasi nulla da raccontare di tali, per così dire smussati, avvenimenti”. Sarebbe, infatti, assurdo credere che (almeno con ciò che si è potuto osservare finora) ci siano tra i nostri rappresentanti a Montecitorio (e rispettivamente anche a Palazzo Madama) persone che possano effettivamente incarnare il rinnovamento tanto sospirato. Se addirittura i grillini – i nuovi volti del parlamento italiano – risultano già dei pedanti scalda poltrone a meno di due settimane dall’apertura delle due Camere, certo questi non possono essere il simbolo del cambiamento. Sembrano più “smussati” avvenimenti, personaggi da singola legislatura, casuali individui al posto giusto nel momento propizio che il futuro della politica italiana (e europea). Ma potrebbero forse esserlo? Forse. Senza un vero cambiamento all’interno dei partiti (così come nelle Istituzioni e nelle diverse strutture pubbliche a partire dall’Università fino ad arrivare alla Sanità) non c’è via di fuga dal circolo vizioso della degenerazione sociale e culturale in cui siamo caduti. C’è da dire che non è fenomeno tutto italiano l’emigrazione degli elettori fuori dal proprio partito per aderire ad una forza che si predica “di rottura”. Sarebbe infatti un processo europeo l’allontanamento dei cittadini dalla politica: dopo il secondo conflitto mondiale, i dati di partecipazione attuale in Europa alla cosa pubblica sono al minimo storico. Lo afferma il professore di Politica Comparata John Hopkin della London School of Economicsin un articolo sulla rivista statunitense Foreign Affairs, dal titolo “Italy Did Not Just Send in The Clowns”, il quale sottolinea la presenza anche del Partito pirata in Svezia, del Partito anti-islamico olandese e del Front National francese come forze che cercano di raggruppare sotto la loro ala i disagi e il malcontento generale dei disillusi della politica. Proprio come il Movimento 5 Stelle in Italia. Quindi non c’è da agitarsi troppo, anche se è forse l’atteggiamento migliore ricordare la presa di potere di uomini che in una situazione storica analoga e con un linguaggio molto simile per durezza e per contenuti divennero ben altro che solo “una breve e acuta eco”. O forse l’agitazione dovrebbe essere quanto più generale in tutto il continente. Eppure, in Italia, il peso degli anni del fascismo grava terribilmente sulle nostre spalle ogni volta che la memoria corre al ventennio. Figurarsi nel sentirci i rappresentanti (di nuovo) sul fronte europeo di un movimento analogo. Il M5S è tutto ciò che c’è di “estremo” nella politica italiana: è la voglia di cambiare (e non solo di uscire dall’euro), la necessità di un passaggio generazionale tra le pareti del potere, è il voler passare di mano di chi in passato ha votato per ottenere poi o una delusione o per favorire il degrado del nostro Paese. Sta di fatto che ora in molti sentono di doversi riscattare, di dover riscattare i propri figli e nipoti. È l’apertura al nuovo che avanza e che, in un modo o in un altro romperà le catene che lo trattengono nel buio per manifestarsi (che più propriamente significa appunto “venire alla luce”).
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