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Magdi (non più) Cristiano Allam, storia di una ri-conversione

Magdi Allam

Magdi Allam

di Gianmarco Botti

Eravamo appena riusciti, non senza una certa fatica, ad abituarci all’idea di un Papa dimissionario, quando ecco una nuova sorprendente scoperta: anche da cattolici ci si può dimettere. E per “dimissioni” qui non s’intende il semplice, ordinario, perfino fisiologico allontanamento dalla Chiesa e dalla pratica religiosa che capita almeno una volta nella vita a tutti i credenti che siano anche pensanti, con pari possibilità di tornare poi indietro sulle orme del figlio prodigo oppure di abbracciare stabilmente una professione d’ateismo, agnosticismo o magari anche una fede diversa. Si tratta invece di vere e proprie dimissioni, presentate in maniera pubblica e con tanto di motivazioni, come quando si lascia un incarico politico o aziendale, e per di più con il tono polemico delle più aspre rescissioni di contratto: il dimissionario in questione è Magdi Cristiano Allam, entrato in servizio nella Chiesa Cattolica S.p.A. appena cinque anni fa, in quella notte di Pasqua del 2008 in cui fu Papa Benedetto XVI in persona ad amministrargli il battesimo, sotto lo sguardo emozionato del padrino, il ciellino pidiellino Maurizio Lupi. All’ex vice-direttore “ad personam” (ovvero senza cariche operative) del Corriere della Sera, eletto nel 2009 europarlamentare nelle file dell’UDC, nonché leader di un movimento chiamato “Io amo l’Italia” che ha partecipato alle ultime elezioni politiche, piacque cumulare una nuova carica, quella di cristiano appunto, cui teneva così tanto da inserirla perfino nel suo biglietto da visita, in mezzo a nome e cognome. A onor del vero va detto che al battesimo Allam arrivò dopo decenni di riflessione e di familiarità con il mondo cattolico, in cui la madre e le scuole religiose lo avevano educato fin dalla giovinezza. Molto più rapido è stato invece il congedo, comunicato al mondo dalle colonne del suo sito e del giornale a lui più congeniale, il Giornale appunto. Vale la pena di partire proprio da lì per capire le ragioni di questa nuova folgorazione sulla via di Damasco, e chiedersi magari se la prima avesse mai avuto un senso.

Magdi inizia con un’affermazione che ciascuno avrà sentito pronunciare un milione di volte: “Credo nel Gesù che ho amato sin da bambino, leggendolo nei Vangeli e vivificato da autentici testimoni – religiosi e laici cristiani – attraverso le loro opere buone, ma non credo più nella Chiesa”. Fin qui niente di strano, la fede del nostro tempo vive spesso di questa scissione radicale, quella fra l’adesione a un messaggio spirituale e il rifiuto dell’istituzione che si presenta come la sua principale depositaria. E andrebbe tutto bene, se non fosse che Magdi, già prima di chinare il capo sul fonte battesimale, si segnalava come uno dei più attivi rappresentanti del pensiero cosiddetto “teocon”, in compagnia dei vari Ferrara, Pera, Fallaci: gente, insomma, che pur non essendo tecnicamente cristiana, perché priva della fede in Gesù inteso come il Figlio di Dio e Salvatore dell’uomo, si riconosce nella Chiesa Cattolica e nel modello culturale da essa incarnato, particolarmente per quanto concerne la sua posizione sui “valori non negoziabili” (vita, famiglia, etc.). Non ha quindi problemi con la Chiesa in quanto tale, Allam, ma solo con quella di oggi e per “oggi” bisogna intendere proprio le ultime settimane, quelle seguite alla rinuncia di Papa Ratzinger, come dichiara senza giri di parole: “La mia conversione al cattolicesimo, avvenuta per mano di Benedetto XVI nella notte della Veglia Pasquale il 22 marzo 2008, la considero conclusa ora in concomitanza con la fine del suo papato”. Una conversione che dura il tempo di un pontificato e non sopravvive alla sua travagliata conclusione. La Chiesa in cui Allam non crede più è quella che mette lui e tutto il mondo di fronte alla “realtà di due Papi, che per la prima volta nella Storia s’incontrano e si abbracciano, entrambi depositari di investitura divina”.

Magdi Allam con Benedetto XVI

Magdi Allam con Benedetto XVI

Egli, insomma, è uno di quei cattolici (non pochi, in verità) che non si sono mai ripresi dallo shock della decisione storica di Benedetto XVI, che non ne comprendono il senso né accettano l’effetto “umanizzante” che essa ha avuto sulla figura del pontefice romano. È curioso sentirlo biasimare, poche righe più giù, “la Papalatria che ha infiammato l’euforia per Francesco I” (a voler essere pignoli, si ricorderà al dott. Allam che il numerale “I” va inserito solo quando c’è un Francesco II), mentre l’unico atteggiamento “papalatrico” sembra essere il suo, scandalizzato com’è dalla scelta di Ratzinger e incapace di vedere un futuro per la Chiesa che vada oltre il pontificato appena concluso. Francesco non gli piace, e si capisce. Ma Allam ne ha anche per lo stesso Benedetto XVI, colpevole di averlo dapprima “attratto e affascinato” con la sua condanna della “dittatura del relativismo”, per poi deluderlo con una scelta che più relativistica non si può. E qui il nostro ri-convertito scopre le carte: ciò che ha reso impossibile la sua permanenza nella Chiesa Cattolica è stata la presa d’atto che essa è “fisiologicamente relativista”. La sua ri-conversione allora non è solo l’effetto degli ultimi fatti di cronaca, ma il frutto di qualcosa di ben più profondo, come indica quell’avverbio, “fisiologicamente”, che non a caso egli ripete in modo quasi ossessivo, affiancandolo ad ognuno dei “peccati della Chiesa” che di qui in poi si mette a elencare. Oltre che relativista, la Chiesa Cattolica è “fisiologicamente globalista”, perché “da sempre accoglie nel suo seno un’infinità di comunità, congregazioni, ideologie, interessi materiali che si traducono nel mettere insieme tutto e il contrario di tutto”. Viene da chiedersi come abbia fatto Allam a non accorgersi prima che cattolica vuol dire “universale” e che quindi la “comunione dei cattolici di tutto il mondo”, da lui tanto vituperata, fa parte dell’essenza stessa della Chiesa di Roma, ed è ciò che la differenzia, ad esempio, dalla Chiesa d’Inghilterra o da quella Greco-Ortodossa. Ma tant’è. Come se non bastasse, la Chiesa è anche “fisiologicamente buonista” perché mette sullo stesso piano, oppure addirittura antepone, “il bene altrui rispetto al bene proprio, compromettendo dalla radice il concetto di bene comune”. L’ingenuità (o la malafede) di Magdi è disarmante. Davvero non sapeva che per la religione cattolica l’amore al prossimo viene prima dell’amore a se stessi? Nessuno glielo ha detto durante il corso di catechesi battesimale? E come può il bene comune essere “compromesso alla radice” dalla difesa del bene dell’altro? Misteri della fede – quella di Magdi, s’intende. La critica al “buonismo” della Chiesa sa tanto di apologia del “cattivismo”, una parola di conio recente che l’Enciclopedia Treccani traduce come “l’atteggiamento di chi mira a tenere alto il livello dello scontro e ad alimentare i contrasti”. Un atteggiamento che, va detto, tiene banco anche fra i cattolici e forse è proprio questo che sulle prime aveva “attratto” e “affascinato” il Magdi: quello spirito di crociata, quella propensione allo scontro di civiltà, all’arroccamento superbo sui propri valori concepiti in funzione difensiva, che ancora sopravvive al fondo di ogni fenomeno religioso e dal quale neppure il Cattolicesimo è riuscito a disintossicarsi del tutto. È qui che il discorso di Allam si rivela per quello che è, un discorso politico più che religioso, come politici e non religiosi appaiono i veri motivi della sua ri-conversione (come anche della conversione). “Ciò che più di ogni altro fattore mi ha allontanato dalla Chiesa è il relativismo religioso e in particolare la legittimazione dell’Islam come vera religione, di Allah come vero Dio, di Maometto come vero profeta, del Corano come testo sacro, delle moschee come luogo di culto”. Se c’è qualcosa che in Allam si è sempre mantenuto costante attraverso i vari cambi di casacca a cui ci ha abituato in questi anni – giornalista, politico, infine “cristiano” – certamente è un forte, viscerale sentimento islamofobico. È alla luce di questo che il percorso da lui compiuto vero la fede e ritorno appare in tutta la sua strumentalità: il Cristianesimo di Allam non è altro che una sorta di nuova Cristianità, sempre pronta ad impugnare le armi dell’ideologia per contrastare l’avanzata degli infedeli nel mondo occidentale, anzi, è esso stesso un tutt’uno con l’Occidente, inteso come categoria politica e culturale che si presume superiore alle altre e pertanto ne invoca la sottomissione. Questa sorta di “Cristianesimo islamizzato”, che della religione che combatte assume in pieno i caratteri di maggiore estremismo e fondamentalismo, è l’autentica fede di Magdi Allam, ed è distante anni luce dai concetti di apertura ed ecumenismo che oggi sono parte integrante della dottrina cattolica.
Massimo Teodori, Magdi Allam e Paolo Mieli

Massimo Teodori, Magdi Allam e Paolo Mieli

Ben si capisce allora lo scandalo per i gesti di dialogo degli ultimi tre Papi, da quella “follia suicida” che portò Giovanni Paolo II a baciare il Corano e Benedetto XVI a pregare nella Moschea Blu, fino all’ultima intollerabile provocazione di Papa Francesco, che all’inizio del suo pontificato si è rivolto ai fratelli musulmani “che adorano Dio unico, vivente e misericordioso”. Davanti a tutto questo il crociato Magdi non poteva rimanere in silenzio, e allora eccolo lì salire in cattedra (una cattedra più alta di quella di Pietro, evidentemente) per condannare l’Islam come “ideologia intrinsecamente violenta” e profetizzare per l’Europa un futuro di subalternità ai mamelucchi, “se non avrà la lucidità e il coraggio di denunciare l’incompatibilità dell’Islam con la nostra civiltà”, “se non metterà al bando il Corano per apologia dell’odio”, “infine se non bloccherà la diffusione delle moschee”. Un programma politico, pure già visto. Il passo è breve e il musulmano viene identificato con l’immigrato, e allora ecco gli attacchi alla Chiesa globalista che considera “l’insieme dell’umanità (…) come fratelli e sorelle”, al  “buonismo che porta la Chiesa a ergersi a massimo protettore degli immigrati, compresi e soprattutto i clandestini”. “In Italia dobbiamo innanzitutto garantire il bene degli italiani, applicando correttamente l’esortazione di Gesù: ama il prossimo tuo così come ami te stesso”, è scritto nel Vangelo secondo Magdi. E poco importa se in un altro Vangelo, quello secondo Luca, alla domanda di uno scriba su “chi è il mio prossimo?”, Gesù risponde con la parabola del buon samaritano, l’uomo che viene dalla Samaria, lo straniero per eccellenza nella società israelitica del tempo. Di questo Magdi non si cura, e non pare curarsi nemmeno delle proprie origini, quelle di un emigrante egiziano, partito da Il Cairo per cercare (e trovare) fortuna in Italia, il Paese che l’ha accolto a braccia aperte e ancora oggi gli consente di pontificare sulla prima pagina di un giornale. Un “negher”, lo definirebbero i galantuomini di quella destra xenofoba e nazionalista nella quale si trova completamente a suo agio, senza avvertire la men che minima contraddizione. Contento lui, contenti tutti. Noi piuttosto siamo contenti che, seppure con cinque anni di ritardo, Allam abbia percepito la contraddizione fra il suo credo e quello cattolico, prendendo una decisione che è “per il bene della Chiesa” (si perdoni il turpe accostamento alle nobilissime parole di Benedetto XVI), perché la libera dal fardello di una contro-testimonianza di cui farà benissimo a meno. E questo vale soprattutto per la Chiesa di Papa Francesco, che ha scelto di chiamarsi come il primo grande apostolo dell’ecumenismo, colui che negli anni bui delle Crociate volle recarsi personalmente in Oriente per aprire il dialogo con il mondo musulmano. Pure lui, Magdi (non più) Cristiano Allam, d’ora in poi si sentirà meglio, libero di cercarsi una nuova religione che faccia più al caso suo, anzi, magari anche di costruirsene una su misura. “Continuerò a credere nel Gesù che ho sempre amato e a identificarmi orgogliosamente nel cristianesimo”, a “difendere laicamente i valori non negoziabili”, a “dare il mio contributo per la rinascita valoriale e identitaria degli italiani”. Va bene, basta che lo faccia “da uomo integro nell’integralità della mia umanità”, senza nascondersi più dietro il volto rispettabile di una Chiesa con cui non ha mai avuto nulla a che fare.

P.S. Per completezza va detto che il caso Magdi Allam non è propriamente il primo nel suo genere. Prima di lui, nell’ottobre 2008, fu la filosofa Roberta De Monticelli, docente di Filosofia della Persona all’Università San Raffaele di Milano, ad annunciare il suo addio alla Chiesa Cattolica dalle colonne del Foglio. Si tratta però di due vicende molto diverse fra loro e difficilmente comparabili, come comprenderà chiunque avrà voglia di leggere la “lettera di dimissioni” della De Monticelli, di cui riporto qui il link: http://www.gabrielederitis.it/wordpress/15/10/2008/da-micromega-il-nichilismo-della-chiesa-cattolica/

Infine, per correttezza, riporto anche il link al testo di Magdi Allam in versione integrale, nonostante esso sia stato trascritto pressocchè totalmente nel presente articolo, in modo che i più curiosi possano farsi un’idea obiettiva, più di quanto non consentano i miei maliziosi tagli: http://ioamolitalia.it/editoriale/perche-me-ne-vado-da-questa-chiesa-debole-con-l-islam.html