Eravamo appena riusciti, non senza una certa fatica, ad abituarci all’idea di un Papa dimissionario, quando ecco una nuova sorprendente scoperta: anche da cattolici ci si può dimettere. E per “dimissioni” qui non s’intende il semplice, ordinario, perfino fisiologico allontanamento dalla Chiesa e dalla pratica religiosa che capita almeno una volta nella vita a tutti i credenti che siano anche pensanti, con pari possibilità di tornare poi indietro sulle orme del figlio prodigo oppure di abbracciare stabilmente una professione d’ateismo, agnosticismo o magari anche una fede diversa. Si tratta invece di vere e proprie dimissioni, presentate in maniera pubblica e con tanto di motivazioni, come quando si lascia un incarico politico o aziendale, e per di più con il tono polemico delle più aspre rescissioni di contratto: il dimissionario in questione è Magdi Cristiano Allam, entrato in servizio nella Chiesa Cattolica S.p.A. appena cinque anni fa, in quella notte di Pasqua del 2008 in cui fu Papa Benedetto XVI in persona ad amministrargli il battesimo, sotto lo sguardo emozionato del padrino, il ciellino pidiellino Maurizio Lupi. All’ex vice-direttore “ad personam” (ovvero senza cariche operative) del Corriere della Sera, eletto nel 2009 europarlamentare nelle file dell’UDC, nonché leader di un movimento chiamato “Io amo l’Italia” che ha partecipato alle ultime elezioni politiche, piacque cumulare una nuova carica, quella di cristiano appunto, cui teneva così tanto da inserirla perfino nel suo biglietto da visita, in mezzo a nome e cognome. A onor del vero va detto che al battesimo Allam arrivò dopo decenni di riflessione e di familiarità con il mondo cattolico, in cui la madre e le scuole religiose lo avevano educato fin dalla giovinezza. Molto più rapido è stato invece il congedo, comunicato al mondo dalle colonne del suo sito e del giornale a lui più congeniale, il Giornale appunto. Vale la pena di partire proprio da lì per capire le ragioni di questa nuova folgorazione sulla via di Damasco, e chiedersi magari se la prima avesse mai avuto un senso.
Magdi inizia con un’affermazione che ciascuno avrà sentito pronunciare un milione di volte: “Credo nel Gesù che ho amato sin da bambino, leggendolo nei Vangeli e vivificato da autentici testimoni – religiosi e laici cristiani – attraverso le loro opere buone, ma non credo più nella Chiesa”. Fin qui niente di strano, la fede del nostro tempo vive spesso di questa scissione radicale, quella fra l’adesione a un messaggio spirituale e il rifiuto dell’istituzione che si presenta come la sua principale depositaria. E andrebbe tutto bene, se non fosse che Magdi, già prima di chinare il capo sul fonte battesimale, si segnalava come uno dei più attivi rappresentanti del pensiero cosiddetto “teocon”, in compagnia dei vari Ferrara, Pera, Fallaci: gente, insomma, che pur non essendo tecnicamente cristiana, perché priva della fede in Gesù inteso come il Figlio di Dio e Salvatore dell’uomo, si riconosce nella Chiesa Cattolica e nel modello culturale da essa incarnato, particolarmente per quanto concerne la sua posizione sui “valori non negoziabili” (vita, famiglia, etc.). Non ha quindi problemi con la Chiesa in quanto tale, Allam, ma solo con quella di oggi e per “oggi” bisogna intendere proprio le ultime settimane, quelle seguite alla rinuncia di Papa Ratzinger, come dichiara senza giri di parole: “La mia conversione al cattolicesimo, avvenuta per mano di Benedetto XVI nella notte della Veglia Pasquale il 22 marzo 2008, la considero conclusa ora in concomitanza con la fine del suo papato”. Una conversione che dura il tempo di un pontificato e non sopravvive alla sua travagliata conclusione. La Chiesa in cui Allam non crede più è quella che mette lui e tutto il mondo di fronte alla “realtà di due Papi, che per la prima volta nella Storia s’incontrano e si abbracciano, entrambi depositari di investitura divina”.
Ben si capisce allora lo scandalo per i gesti di dialogo degli ultimi tre Papi, da quella “follia suicida” che portò Giovanni Paolo II a baciare il Corano e Benedetto XVI a pregare nella Moschea Blu, fino all’ultima intollerabile provocazione di Papa Francesco, che all’inizio del suo pontificato si è rivolto ai fratelli musulmani “che adorano Dio unico, vivente e misericordioso”. Davanti a tutto questo il crociato Magdi non poteva rimanere in silenzio, e allora eccolo lì salire in cattedra (una cattedra più alta di quella di Pietro, evidentemente) per condannare l’Islam come “ideologia intrinsecamente violenta” e profetizzare per l’Europa un futuro di subalternità ai mamelucchi, “se non avrà la lucidità e il coraggio di denunciare l’incompatibilità dell’Islam con la nostra civiltà”, “se non metterà al bando il Corano per apologia dell’odio”, “infine se non bloccherà la diffusione delle moschee”. Un programma politico, pure già visto. Il passo è breve e il musulmano viene identificato con l’immigrato, e allora ecco gli attacchi alla Chiesa globalista che considera “l’insieme dell’umanità (…) come fratelli e sorelle”, al “buonismo che porta la Chiesa a ergersi a massimo protettore degli immigrati, compresi e soprattutto i clandestini”. “In Italia dobbiamo innanzitutto garantire il bene degli italiani, applicando correttamente l’esortazione di Gesù: ama il prossimo tuo così come ami te stesso”, è scritto nel Vangelo secondo Magdi. E poco importa se in un altro Vangelo, quello secondo Luca, alla domanda di uno scriba su “chi è il mio prossimo?”, Gesù risponde con la parabola del buon samaritano, l’uomo che viene dalla Samaria, lo straniero per eccellenza nella società israelitica del tempo. Di questo Magdi non si cura, e non pare curarsi nemmeno delle proprie origini, quelle di un emigrante egiziano, partito da Il Cairo per cercare (e trovare) fortuna in Italia, il Paese che l’ha accolto a braccia aperte e ancora oggi gli consente di pontificare sulla prima pagina di un giornale. Un “negher”, lo definirebbero i galantuomini di quella destra xenofoba e nazionalista nella quale si trova completamente a suo agio, senza avvertire la men che minima contraddizione. Contento lui, contenti tutti. Noi piuttosto siamo contenti che, seppure con cinque anni di ritardo, Allam abbia percepito la contraddizione fra il suo credo e quello cattolico, prendendo una decisione che è “per il bene della Chiesa” (si perdoni il turpe accostamento alle nobilissime parole di Benedetto XVI), perché la libera dal fardello di una contro-testimonianza di cui farà benissimo a meno. E questo vale soprattutto per la Chiesa di Papa Francesco, che ha scelto di chiamarsi come il primo grande apostolo dell’ecumenismo, colui che negli anni bui delle Crociate volle recarsi personalmente in Oriente per aprire il dialogo con il mondo musulmano. Pure lui, Magdi (non più) Cristiano Allam, d’ora in poi si sentirà meglio, libero di cercarsi una nuova religione che faccia più al caso suo, anzi, magari anche di costruirsene una su misura. “Continuerò a credere nel Gesù che ho sempre amato e a identificarmi orgogliosamente nel cristianesimo”, a “difendere laicamente i valori non negoziabili”, a “dare il mio contributo per la rinascita valoriale e identitaria degli italiani”. Va bene, basta che lo faccia “da uomo integro nell’integralità della mia umanità”, senza nascondersi più dietro il volto rispettabile di una Chiesa con cui non ha mai avuto nulla a che fare.
P.S. Per completezza va detto che il caso Magdi Allam non è propriamente il primo nel suo genere. Prima di lui, nell’ottobre 2008, fu la filosofa Roberta De Monticelli, docente di Filosofia della Persona all’Università San Raffaele di Milano, ad annunciare il suo addio alla Chiesa Cattolica dalle colonne del Foglio. Si tratta però di due vicende molto diverse fra loro e difficilmente comparabili, come comprenderà chiunque avrà voglia di leggere la “lettera di dimissioni” della De Monticelli, di cui riporto qui il link: http://www.gabrielederitis.it/wordpress/15/10/2008/da-micromega-il-nichilismo-della-chiesa-cattolica/
Infine, per correttezza, riporto anche il link al testo di Magdi Allam in versione integrale, nonostante esso sia stato trascritto pressocchè totalmente nel presente articolo, in modo che i più curiosi possano farsi un’idea obiettiva, più di quanto non consentano i miei maliziosi tagli: http://ioamolitalia.it/editoriale/perche-me-ne-vado-da-questa-chiesa-debole-con-l-islam.html