In Campania guarire di tumore è molto più difficile rispetto al resto d’Italia. E’ questo l’allarme lanciato dalla relazione finale del gruppo di lavoro del ministero della Salute sulla situazione della malattia nelle province di Caserta e Napoli. Il riferimento esplicito è all’incidenza della mortalità per malattie oncologiche, la mortalità per tumori maligni che tra gli uomini è superiore ai valori dell’intera Italia. Analizzando bene la situazione si comprende come nella province di Caserta gli uomini muoiono di più per tumori e nella provincia di Napoli il dato è preoccupante per entrambe i sessi. I tassi particolarmente elevati sono stati maggiormente registrati per tumori al fegato, alla laringe, alla trachea-bronchi e polmone, alla prostata e alla vescica. Questa è la situazione generale ma nelle donne le parti del corpo più colpite da questo male terribile sono fegato, laringe e vescica.
La questione cancro sembra essere legata a doppio filo al cosiddetto “triangolo della morte”. Con questo nome si intende la vasta area della provincia di Napoli compresa tra i comuni di Acerra, Nola e Marigliano, nella quale è stato riscontrato negli ultimi anni un forte aumento della mortalità per cancro; la causa dell’aumento di mortalità è attribuita all’inquinamento ambientale, principalmente dovuto allo smaltimento illegale di rifiuti tossici da parte dei clan camorristici. Il titolo così evocativo ma così allarmante, “Triangolo della morte”, è nato nell’Agosto 2004 quando la prestigiosa rivista scientifica internazionale The Lancet Oncology ha pubblicato uno studio di Kathryn Senior e Alfredo Mazza, ricercatore del CNR di Pisa. L’articolo aveva come titolo un emblematico Italian “Triangle of death” linked to waste crisis (Il “Triangolo della morte” italiano collegato alla crisi dei rifiuti). Nella zona interessata abitano circa 550.000 persone e l’eccesso di mortalità, secondo i dati, è ampiamente riconducibile allo smaltimento dei rifiuti.
I dati che così sono emersi dalla relazione del ministero della Salute pubblicata lo scorso gennaio (ma passata quasi in sordina su giornali e telegiornali) appaiono allarmanti e la reazione del ministro della salute Balduzzi ha affermato che “ad oggi dagli studi non risulta un nesso causale accertato fra lo smaltimento dei rifiuti e la ripercussione sulla salute, ma potenziali implicazioni sulla salute non possono essere esclusi”. E in conferenza stampa ha spiegato che “in questi mesi ci sono stati studi che si stanno approfondendo, quindi possiamo dire che non partiamo da zero. Credo che sia il momento di fare un salto di qualità, di avere una regia complessiva per poter fare un cambio di marcia. Dobbiamo coordinare la regia di tutto ciò e condividere il quadro epidemiologico attraverso la creazione di una rete di discussione con medici e l’associazionismo così da poter avere un confronto con le istituzioni, solo così possiamo adottare un metodo. C’è qualcuno che pensa che ci sono studi chiusi nel cassetto, ma questo è un preconcetto: non ci sono altri dati”.
Il ministro Balduzzi ha poi parlato della possibilità di creare una task force con la regione per attuare sei punti: “In primis serve la raccolta di informazioni poi è necessario promuovere corretti stili di vita, in seguito è necessaria la prevenzione primaria, poi il potenziamento la campagna di screening e del sistema di cure e, infine, percorsi diagnostici terapeutici”. Ultima questione, ma non meno importante riguarda “l’alta percezione del rischio che la popolazione residente presso i siti di smaltimento dei rifiuti avverte e quindi una risposta di sanità pubblica proporzionata al contesto è opportuna”. Ignazio Marino, medico e senatore del Pd, ha un’opinione diversa secondo cui “sorprendono le parole del ministro Balduzzi che sembra non conoscere o almeno non prendere in considerazione le relazioni che centinaia di studi scientifici pongono tra una sostanza come la diossina e l’insorgenza di tumori”. Il senatore del Partito Democratico è stato anche autore di un articolo scientifico sull’argomento, pubblicato circa un anno fa sulla rivista “Cancer Biology & Therapy” insieme ad Antonio Giordano, Maddalena Barba ed altri autori dal titolo significativo: ‘Wasting lives-Vite sprecate’. “Decenni di mancato smaltimento dei rifiuti urbani e di deposito di rifiuti industriali e speciali particolarmente nocivi in discariche illegali, hanno contaminato il territorio producendo un disastro ambientale che si traduce in disastro sanitario. Napoli e la Campania sono state avvelenate per oltre un terzo di secolo con pesantissime conseguenze per i suoi abitanti così che oggi in questa regione si registra un aumento della mortalità del 9% tra gli uomini, del 12% tra le donne, un aumento anche dell’80% di tumori ai polmoni e allo stomaco, linfomi e malformazioni neonatali, mentre altre regioni italiane assistono ad una diminuzione di queste patologie. Bisogna passare dalle parole ai fatti, non abbiamo bisogno di altre indagini o di altri dati. Abbiamo elementi più che sufficienti per sapere fino a che punto il territorio della Campania è intossicato e fino a che punto è compromessa la salute di chi vi vive. Ora occorre con urgenza un piano concreto di prevenzione sanitaria e bonifica del territorio che consenta di tutelare seriamente la salute dei cittadini”. Le persone aspettano risposte, mentre in Campania si muore di tumore in misura maggiore rispetto al resto dell’Italia.
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