di Miriam Picozzi
Umberto Gorirossi, natali partenopei, nel 1994 consegue la laurea in farmacia e inizia ad esercitare la professione. Nel 2008 viene pubblicato il catalogo “I grandi maestri”: sui duecento nomi riportati, centosessanta sono rinomate personalità artistiche quali Van Gogh, Cèzanne e Picasso, quaranta sono artisti emergenti. Fra questi compare anche il nome di Umberto Gorirossi.
Scienza e arti figurative, discipline eterogenee, di natura divergente, raramente nel corso dei tempi sono confluite in un’unica personalità, poche sono le volte che le ritroviamo entrambe presenti in un solo vissuto. Scelta coraggiosa quella del maestro Gorirossi se considerata da un punto di osservazione prettamente redditizio, ma una scelta che ha consentito di principiare un nuovo percorso artistico – culturale proprio perché distante da ogni dinamica e interesse economico. Solo delle orme, solo alcuni cenni restano. “L’esercizio della professione comportava uno scambio umano con i clienti – spiega il Gorirossi – nei piccoli paesi il farmacista era considerato una sorta di confessore, una figura che offriva una soluzione alle problematiche delle persone”. Questo tessuto di relazioni interpersonali si conserva anche nell’attività artistica del maestro, le sue opere, infatti, altro non sono che la traduzione grafica e pittorica di un pensiero, di un concetto che vuole favorire la riflessione sugli accidenti e sulle problematiche che si intrecciano nel quotidiano di ognuno. Il rapporto fra l’artista e il fruitore è, infatti, saldato dalla stima, è un legame unicamente personale, le istituzioni sono assenti, le attenzioni poche, i rapporti formali. Gli eventi culturali non hanno seguito e le personalità che insieme al maestro Gorirossi si muovono su questi sentieri non riescono ad avere una risonanza che vada oltre la loro dimensione, oltre la formale e frettolosa consegna di una targa da parte degli assessori della cultura. Così nel 2007 prende forma dai colori acrilici sulla tela “Mai senza luce” proprio per confortare un’amica dalle complicanze emerse durante la sua gravidanza. Una roccia che ricalca la fisionomia del corpo femminile si posa all’orizzonte sul manto del mare e la luce, emblema di forza, determinazione e speranza, esce dal pube.
Il 2005 è l’anno della scelta, l’anno che ufficializza il passaggio dalla professione di farmacista alla carriera artistica, l’anno che vede il primo riconoscimento. Con l’opera “Scelte e compromessi” il maestro vince il Premio Letterario Internazionale per l’Ambiente a Santa Margherita Ligure, primo esempio di un’opera pittorica che vince un premio letterario, punto significativo che indica come il connubio fra arte e pensiero sia il perno di tutta la produzione del maestro Gorirossi. Nel dicembre del 2010 a Lecce riceve il David di Michelangelo, premio internazionale d’Arte con i patrocini di tutte le regioni italiane e dell’università del Salento. Nello stesso anno riceve il VII premio San Remo “Il drappo del XV Palio del tributo di Priverno” con la pubblicazione dell’opera nel Catalogo dell’Arte Moderna – Gli Artisti italiani dal primo novecento ad oggi (volume n° 46 della Mondadori). Nel 2011 vince il premio Van Gogh ed oggi il maestro conta 280 pubblicazioni e tre opere con certificato in esposizione fissa nei Musei di Arte Contemporanea di Caserta, Capua e Roccamonfina.
A soli sei mesi dal lancio del movimento “Pensiero Visivo” presso il MAC di Capua, il 17 dicembre 2011 viene inaugurata una galleria d’arte nella Galleria del Corso su Corso Aldo Moro a Santa Maria Capua Vetere in provincia di Caserta. A solo un anno dall’inaugurazione la galleria è costretta a chiudere per un vorticoso calo delle vendite legato alle manovre governative volte a risanare l’economia italiana dalla crisi: l’aumento delle tasse ha bloccato gli acquisti, l’incremento dei controlli fiscali ha demotivato anche il compratore più onesto ad acquistare con le fatture, la sola modalità di vendita scelta dal maestro. Oggi, il punto di appoggio è il Museo di Arte Contemporanea di Capua. L’excursus del maestro Gorirossi rivela così lo status delle arti e di tutte quelle discipline che confluiscono nella cultura, uno status in decadenza, privo del supporto delle istituzioni. Cultura che non trova investimenti che la valorizzino, che non trova una terza voce che ne parli.