“Api in declino” è il titolo del rapporto di Greenpeace che ha avviato una nuova campagna a livello europeo. Lo scopo è quello di “salvare le api”, ma la campagna si impegna più in generale di promuovere un’agricoltura di stampo ecologico, in modo da produrre alimenti sani riducendo l’uso di sostanze chimiche e mettere in condizione gli insetti impollinatori di riprodursi in habitat sicuri e non contaminati. Nel corso degli ultimi tempi si è verificato un drammatico calo complessivo del numero delle api e questo è il risultato di molteplici fattori come le malattie e il grandissimo numero di parassiti; tra i fattori negativi si annoverano anche i cambiamenti climatici e pratiche agricole di stampo industriale. In particolar modo è stato rilevato il danno apportato da alcuni pesticidi, fra i quali i neonicotinoidi, i quali rivestono un ruolo dannoso per gli insetti impollinatori. È importante non tralasciare i fenomeni di intossicazione acuta che portano alla morte delle api in modo immediato. Gli effetti cosiddetti sub-letali sono legati a questi pesticidi. Ed effetti molto chiari sono visibili sulla fisiologia delle api nelle interferenze con la capacità di approvvigionamento del cibo, problemi d’orientamento e l’impatto sui processi di apprendimento. La capacità delle api di resistere a malattie e parassiti sembra essere influenzata dalla loro esposizione a tali sostanze tossiche, con alcune conseguenze catastrofiche per la salute e la sopravvivenza delle api e di tutti gli altri impollinatori naturali. Ma qual è il rischio di essere “senza api”? Il rischio è per interi ecosistemi, per l’agricoltura e per la produzione alimentare. Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace, ha dichiarato: “Le evidenze scientifiche sulle conseguenze dei pesticidi più dannosi per le api sono chiare. Non possiamo permetterci di perdere le api e il resto degli impollinatori naturali: l’Italia e gli altri Paesi europei devono agire per vietare queste sostanze killer”. La drastica riduzione delle api rappresenta, però, “solo un sintomo di un sistema agricolo che ha fallito, basato sull’uso intensivo di prodotti chimici per servire gli interessi di potenti multinazionali come Bayer e Syngenta. Incrementare subito metodi agricoli sostenibili è l’unica soluzione a lungo termine per salvare le api e l’agricoltura in Europa”.
La campagna di Greenpeace ha permesso anche di individuare sette pesticidi che devono essere subito vietati proprio per il loro alto livello di tossicità e per gli effetti sub-letali e/o sistemici sulle api. L’elenco dei pesticidi comprende imidacloprid e clothianidin della Bayer, thiamethoxam della Syngenta, fipronil della Basf e clorpirifos, cipermetrina e deltametrina prodotti da diverse aziende agrochimiche che incamerano profitti significativi dall’uso massiccio di queste sostanze chimiche in agricoltura. Greenpeace impone, come primo passo per i governi europei, la necessità di sostenere il divieto dei tre neonicotinoidi come proposto dalla Commissione europea lo scorso 15 marzo; l’intento è quello di approvare adeguati piani d’azione a livello europeo per vietare del tutti i pesticidi dannosi per le api e gli altri impollinatori in modo da salvaguardare la specie e permettere a questi animali di fare “il loro lavoro”. Altro fine principale della campagna è aumentare i finanziamenti per la ricerca, sviluppo e applicazione di pratiche agricole ecologiche.
In Italia, i tre neonicotinoiti oggetto delle principali proposte europea sono già stati del tutto sospesi dal 2008 per il trattamento delle sementi. Le stesse sostanze vengono comunque diffuse in ambiente tramite formulazioni differenti, sotto forma di spray per i trattamenti fogliari, e granulare per la geodisinfestazione. E lo stesso avviene per altri insetticidi particolarmente tossici per le api. Anche nel corso del 2012 sono stati registrati spopolamenti di alveari, in particolare in corrispondenza di coltivazioni intensive soggette a trattamenti con pesticidi come mais, vite e melo. Ancora una volta Greenpeace torna in prima linea.
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