Il confronto tra Silvio Berlusconi e il Movimento Cinque Stelle diviene opposizione se si ritorna sul più concreto piano politico, poiché le posizioni politiche tenute dai due movimenti e il loro modus operandi è radicalmente diverso. Mentre il berlusconismo si caratterizza per il suo essersi posizionato nell’area occupata dall’ala destra della fu Democrazia Cristiana e dal Partito Liberale, e si allinea su molti punti al modello neoliberista, il M5S è assai più vicino, quantomeno dal punto di vista programmatico, ai vecchi partiti socialisti e socialdemocratici, ovviamente aggiornati alle moderne esigenze del sistema-mondo. Nel quadro politico italiano, in cui la Sinistra ho storicamente più volte fallito nel conseguire i propri obiettivi programmatici e politici, è pensabile che il Movimento possa costituirsi come una nuova Sinistra. Ma prima di esporre queste ipotesi è bene considerare il perché di un simile ruolo possibile per il Movimento.
Il fallimento della Sinistra
La situazione della Sinistra italiana può essere pienamente compresa solo se integrata nel più ampio collasso che ha colpito le socialdemocrazie europee nel corso degli ultimi vent’anni del Novecento, quando – ognuno con le proprie modalità particolari – i vari partiti afferenti alle diverse aree della socialdemocrazia e del comunismo sono entrati in una fase di grave e rapido declino politico.
Le cause individuate dagli studiosi per questo declino sono varie, e tra quelle su cui vi è la maggior concordanza tra i vari autori, emergono: la venuta meno delle condizioni dell’equilibrio socialdemocratico, che ha garantito (ed è stato garantito) dal trentennio di crescita economica più o meno constante successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale; la diffusione del modello neoliberista in risposta alla stagflazione degli anni ’70, chiusura improvvisa di una fase di crescita drogata da enormi quantità di fondi pubblici e inflazione; le conseguenze di lungo periodo della “Rivoluzione Globale” del 1968 e, in conclusione, del collasso del Blocco Sovietico, baluardo ed emblema del modello socialista. Per quanto concerne la situazione della Sinistra italiana, a queste circostanze si aggiunsero le Brigate Rosse, da cui i partiti della Sinistra non hanno saputo prendere adeguate distanze e ne hanno subito le conseguenze morali e politiche, e la divisione tra socialisti (con il PSI nella coalizione di governo con Craxi) e comunisti, relegati all’opposizione, che reso difficile per la Sinistra uscire indenne e pulita dallo scandalo di Tangentopoli.
Questa situazione di grande difficoltà della Sinistra italiana, aggravata dalla frammentazione successiva al collasso del Partito Comunista italiano, ha fatto si che le forze “progressiste” non abbiano avuto la prontezza di usufruire del grande vuoto politico dei primi anni ’90, lasciando campo libero alle forze (formalmente) liberali radunatesi attorno a Berlusconi. Questa rinuncia a priori da parte della Sinistra alla sfida politica lanciata dalla discesa in campo di Berlusconi, che è frutto dell’anomalia italiana, come già detto prima, ha confinato la galassia politica dei partiti emersi dalla dissoluzione del blocco socialdemocratico in un ruolo di sterile opposizione al berlusconismo, privandole progressivamente di contenuti e capacità di interazione con la realtà del Paese.
La cecità da parte della classe politica di Sinistra verso questo suo graduale ridimensionamento e marginalizzazione l’ha portata a compiere l’altro grande errore che ha segnato in modo irreversibile la storia del centro-sinistra italiano: la perdita di contatto con gli intellettuali e con la società civile nel suo senso più ampio, che poteva invece rappresentare il legame tra la classe politica del Centro-Sinistra e la realtà del Paese. Questo distacco ha ridotto in modo sensibile – per non dire quasi totale – la capacità di interazione del centro-sinistra con il Paese reale, e ha in questo modo segnato la realtà politica italiana negli ultimi venti anni: senza più contatti con la realtà extraparlamentare, garantita la loro presenza in quanto forza di contrasto al berlusconismo, il centro-sinistra ha abbandonato la Sinistra estrema (Rifondazione, Verdi, PCI, e altre formazioni minoritarie) per cristallizzarsi nella sua funzione di mantenimento dell’equilibrio parlamentare radunandosi in coalizioni sempre più instabili e prive di una reale coerenza di fondo.
Crisi e apparizione del Movimento Cinque Stelle
Riassumere brevemente quanto detto finora è utile per contestualizzare cosa rappresenta il Movimento Cinque Stelle e come questo si inserisce all’interno della situazione politica italiana. In breve, negli ultimi due decenni l’Italia è stata dominata dalla presenza (per molti punti di vista funesta) di Silvio Berlusconi, leader politico del nuovo Centro-destra nato dopo la fine della Prima Repubblica. Questo settore politico, inspirato in una certa misura all’ideologia neoliberista, è composto principalmente da persone legate in modo più o meno stretto con Berlusconi, e nella maggior parte dei casi si tratta di persone non preparate al ruolo che si sono trovate a ricoprire all’interno delle istituzioni, venendo così a configurare una forza politica incapace di cogliere le reali problematiche del Paese; anzi, gli anni dei governi Berlusconi sono stati caratterizzati da un peggioramento diffuso della situazione su scala nazionale, soprattutto per quanto riguarda i problemi endemici del Paese. Sull’altro fronte dell’emiciclo parlamentare le forze che, quantomeno teoricamente, vanno sotto il nome di progressiste e riformiste non sono state in grado di offrire negli anni passati un’alternativa politica concreta al berlusconismo, perdendo gradualmente la loro funzione politica e sociale.
In questo scenario politico-economico, le cui condizioni sono peggiorate in modo radicale nel corso degli ultimi anni a causa della crisi economica globale, s’inserisce il Movimento Cinque Stelle che nasce, nella sua proposizione iniziale, come una soluzione ai problemi italiani fin qui esposti da parte di una società civile troppo a lungo ignorata dalle forze politiche tradizionali e dai “tecnici”. Sotto questo profilo il M5S rappresenterebbe di fatto una soluzione efficiente al problema evidenziato da Lushan nella sua analisi delle problematiche italiane, siccome il loro modello di democrazia quasi diretta per via telematica potrebbe (quantomeno in teoria) colmare quel vuoto comunicativo che si è venuto a creare tra la società e le forze politiche; inoltre, la loro volontà di riferirsi principalmente a esponenti della società civile consentirebbe – sotto un certo punto di vista – una maggiore comprensione delle problematiche sociali attuali rispetto ai semplici dati statistici.
Il problema fondamentale del Movimento Cinque Stelle emerge però nel momento in cui si analizza con più attenzione la loro composizione (come individui) e la loro strutturazione politica dal punto di vista parlamentare. Il Movimento nasce come movimento anti-sistemico, e come tale destinato a rappresentare nella sua fase iniziale una valvola di sfogo sociale per una serie di questioni ed istanze generalmente inascoltate dall’apparato governativo, in modo da ridurre la pressione sociale ed allo stesso tempo operare una pressione politica sul governo per l’ottenimento delle richieste della base. Il Movimento ha però bruciato le tappe, soprattutto a causa dell’anomala situazione italiana e dell’evidente (ora a tutti) vuoto politico rappresentato dal Centro-sinistra, passando nell’arco di pochissimo tempo da movimento anti-sistemico esterno al sistema politico nazionale a movimento anti-sistemico internalizzato, e quindi costretto volente o nolente ad assumere un ruolo politico attivo e definito nell’ambito del panorama politico nazionale. E ciò crea non pochi problemi.
Innanzitutto, il Movimento Cinque Stelle rappresenta una forza antipolitica, oltre che anti-sistemica, che sommata a quelle già presenti in Parlamento riduce fortemente la stabilità intrinseca del sistema politico; a ciò è da aggiungere la generale impreparazione dei rappresentanti del Movimento in Parlamento, “sperduti” dinnanzi ad un ruolo ed un compito assai più grande e complesso di quello a cui si erano preparati. Questa situazione li rende molto vulnerabili politicamente e facilmente controllabili dal leader del Movimento, Grillo, che pur essendo esterno al Parlamento detta le linee del Movimento in modo stringente – ed ottiene pieno adempimento da parte dei suoi eletti, i quali sono spesso incapaci di rapportarsi con la nuova situazione.
Concettualmente, il Movimento Cinque Stelle potrebbe, in un futuro sempre più prossimo, soppiantare progressivamente il Partito Democratico come forza politica di (centro)Sinistra, portando alla luce una nuova versione della socialdemocrazia adattata alle esigenze del XXI secolo. Ma affinché ciò avvenga sono necessarie due condizioni: la prima è che il Movimento Cinque Stelle sopravviva abbastanza a lungo da assumere una sua identità definita e consentire ai suoi membri, quantomeno quelli eletti in Parlamento, di sviluppare una consapevolezza del proprio ruolo politico e una conoscenza delle dinamiche e degli strumenti di governo che possano aiutarli a proseguire nell’opera di riforma dello Stato e della società mostrata nel loro programma; e la seconda è che si distacchino da Grillo e Casaleggio, ed inizino a pensare con la propria testa, in quanto l’incapacità di relazionarsi con la realtà dei due leader e le loro mire mono-partitiche li rendono di fatto un pericolo per la democrazia.
Per il Movimento Cinque Stelle ed i nuovi assetti politici italiani la prova è in atto in questi giorni, con il balletto elettorale del Presidente della Repubblica, da cui emergerà vincitore solo una parte politica: vedremo se sarà il rinnovamento, la cristallizzazione, o una pericolosa minaccia per l’ordinamento democratico del Paese. O forse si riuscirà ad andare oltre tutto questo, e l’Italia entrerà nella “Terza Repubblica”.