di Ilaria Giugni
Il “Premio Nazionale Paolo Borsellino 10 giorni per la legalità” è stato conferito, ieri a Roseto, a Roberto Saviano, autore dei bestseller “Gomorra” e “La bellezza e l’inferno”.
Lo scrittore ha ricevuto il premio dalle mani di Antonio Ingroia, procuratore distrettuale antimafia di Palermo, già nel pool guidato da Falcone e Borsellino, nei giorni scorsi in veste di presidente della giuria.
Saviano era visibilmente emozionato, d’altronde ha spiegato ai giornalisti, “Ho imparato da Borsellino la resistenza: andare avanti nonostante gli attacchi e le diffamazioni”.
La 15a edizione del Premio, svoltosi a Roseto, Giulianova e Teramo, aveva quest’anno per tema “Cultura della legalità e senso dello Stato”, non è difficile quindi comprendere le motivazioni dell’assegnazione del premio a Roberto Saviano, il cui apporto è stato fondamentale per la divulgazione ad ampio raggio della struttura e dei nuovi interessi della criminalità organizzata. Eppure riconoscere allo scrittore sotto scorta unicamente il merito di fare informazione in materia di mafie sarebbe riduttivo. La giuria del Premio, composta quest’anno dai giornalisti Sandro Ruotolo, Maurizio De Luca, Francesco La Licata, Sandro Palazzolo e Lirio Abbate, ha infatti tenuto conto anche del suo impegno in difesa della istituzioni e della Costituzione.
“Parlare di Borsellino è complicato, io mi sento inadatto”, ha dichiarato Saviano, “Quello che faccio è studiare la sua vicenda. Ci ha dato un metodo di vita e di lavoro contro la mafia”. Lo scrittore ha così espresso non solo la sua ammirazione nei confronti del giudice ucciso dalla mafia, ma anche il suo senso di inadeguatezza di fronte all’accostamento della sua persona con quella figura, riconoscendo a se stesso il solo merito di aver informato e divulgato quanto fatto dal pm.
Per questo, con la stessa riverenza, conclude “Per me, ricevere un premio intitolato a lui è una grande emozione”.