di Francesco Maselli
Domani la Consob festeggerà il quinto “mesiversario” senza Presidente. Dal primo luglio scorso, infatti, l’ex presidente Lamberto Dania ha lasciato l’incarico per assumere la guida del gruppo Ferrovie dello Stato. Dunque, il vertice di una delle massime autorità garanti dello Stato italiano è vacante, senza che il governo sia riuscito a trovare un compromesso sul candidato cui affidare l’incarico.
La stampa richiama da mesi l’attenzione del governo su questa gravissima mancanza, rimarcata peraltro anche dal Presidente della Repubblica e persino da Vittorio Conti, decano dei tre commissari che ne tengono le redini in questo periodo di vacatio.
La Consob è un’autorità di garanzia importantissima, ha il compito, infatti, di sorvegliare sulla trasparenza del mercato mobiliare italiano e di tutelare coloro che vi investono. La commissione è composta dal presidente e da quattro commissari (al momento come detto prima ce ne sono tre), nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio.
In un momento di gravissima crisi economica, da cui il paese tenta faticosamente di venire fuori, garantire che la Consob abbia una guida forte e ben definita è un dovere del governo in carica, che invece continua a procrastinare la nomina e ad ignorare il problema.
Non è la prima volta che Berlusconi e l’esecutivo appaiono poco interessati a risolvere situazioni del genere, è ancora vivo il ricordo dei quattro mesi senza ministro dello Sviluppo Economico, altra istituzione fondamentale nella vita finanziaria del paese.
In realtà il premier è vittima dei veti incrociati del suo partito e dei suoi alleati. Per il posto di presidente, infatti, circolano vari nomi: Francesco Greco gradito al ministro Tremonti, Antonio Catricalà suggerito da Gianni Letta e Giuseppe Vega, nome che accontenterebbe anche la Lega. Fatto sta che all’orizzonte non si vede nessuna nomina, né Berlusconi accenna a chiarire la situazione e spiegare il motivo di tali ritardi.
Eppure pare strano immaginare l’uomo del “Ghe pensi mi”, l’uomo che ha pulito Napoli dai rifiuti in dieci giorni, l’uomo che ha ricostruito l’Aquila in meno di un anno, che aspetta cinque mesi per nominare il presidente Consob. Forse che il Cavaliere non è così padrone in casa sua come cerca in tutti modi di far apparire all’esterno?
Tutto ciò è accompagnato da una situazione di imbarazzante immobilismo del governo. Il parlamento non legifera da mesi ed i provvedimenti disposti con la manovra correttiva di 24 miliardi di euro cominciano a farsi sentire, la disoccupazione è in crescita, l’economia ristagna. Come se non bastasse, non si parla quasi più di lavoro, welfare e sviluppo economico, poiché il dibattito politico è stato abilmente spostato sul Lodo Alfano Costituzionale e sulle discutibili abitudini sessuali del nostro premier, di cui peraltro ci interessa poco, sempre che i fatti ad essi connessi non costituiscano notizia di reato.
Il centrodestra possiede una maggioranza bulgara in parlamento, anche perché Fini ha promesso che voterà i provvedimenti previsti dal programma di governo. Il Cavaliere ha il dovere e la possibilità di fare quelle riforme che tanto servono al paese, ma la domanda sorge spontanea: gli interessa davvero?