di Giovanni Fantini
Eletta con il 56% dei voti, contro il 44% dell’oppositore Serra, Dilma Rousseff è il 40° presidente del Brasile, nonché primo presidente donna del paese. 52 milioni di persone hanno scelto l’erede di Lula, con la speranza che possa proseguire la linea adottata otto anni fa dal mentore.
Hanno scelto la sinistra progressista del Partido de los Trabalhadores (PT), augurandosi che il Brasile rimanga nello stato di grazia in cui si trova. Il paese, infatti, vanta un’economia fiorente, grazie alle ingenti materie prime di cui dispone, una crescita a ritmi “cinesi”, anche se, con la autostrada Transoceanica che aprirà nel 2012, sarà il colosso Americo-Latino ad esportare i propri prodotti in Oriente. I vari giacimenti di petrolio scoperti non fanno altro che migliorare le prospettive future di un economia già florida.
Anche grazie all’impegno dell’ex-presidente Lula (eletto nel 2006 con l’83% dei voti), la Rousseff è riuscita a vincere dopo la tempesta del primo turno nella quale non aveva ottenuto il maggioranza. La situazione, per la candidata del PT, si era aggravata negli ultimi tempi anche a causa di alcuni scandali che l’hanno circondata. Ma è proprio grazie a questi scandali che la candidata ha vinto sull’oppositore Serra. Quest’ultimo, infatti, è stato accusato di non avere una linea politica come quella della Rousseff e del Pt. D’altronde la campagna elettorale di Serra si è basata sulla denigrazione dell’oppositrice tramite gli scandali e con la promessa di essere l’uomo della continuità di Lula. Solo parole, che non hanno convinto una popolazione abituata, grazie alle azioni di Lula negli ultimi anni, a un valido governo del fare.
E cosa farà, ora, il presidente più amato della storia brasiliana? Senza dubbio Lula da Silva, che a 65 anni mette ancora il pigiama, non se ne starà con le mani in mano. Ha affermato commosso: “In tutta sincerità, preferivo che questo giorno non fosse mai arrivato”, piangendo tra i cento mila accorsi alla marcia di chiusura del presidente. Rimane un’incognita la sua vita dal primo gennaio 2011. In teoria, il presidente americano Obama non gli chiude nessuna porta anche se, i progetti di guidare l’Onu, la Fao o la Banca Mondiale si sono arenati. Per ora. Il maggio scorso si è incontrato con il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, che gli ha negato la richiesta di diventare suo successore, affermando che è sempre spettato a diplomatici di carriera. Gli ha offerto, invece, la presidenza di uffici dell’Onu quali il riscaldamento globale o il combattimento alla povertà, incarichi che il Brasiliano ha gentilmente declinato. Poca roba per un colosso che sogna un futuro da Big. Di certo aprirà in Brasile un’agenzia a scopo pacifico e umanitario che porterà il suo nome, in un prestigioso villino di tre piani nel Parco Ibirapuera, il grande giardino comunale dell’architetto Oscar Niemeyer al centro di San Paolo, volendo coronare il sogno di ottenere il Nobel della pace come l’ex presidente americano Jimmy Carter. “Voglio utilizzare le conoscenze acquisite nella realizzazione di programmi sociali di successo in vari paesi africani e centroamericani che lottano contro l’estrema povertà e la fame”. D’altronde nulla sembra impossibile all’uomo che ha trasformato il Brasile da un paese sottosviluppato a guida dell’America Latina e di tutti i paesi in crescita.
In questi giorni che hanno preceduto i ballottaggi, il presidente uscente si è distinto per le risposte dure alle frasi del pontefice. Il papa, infatti, aveva richiesto un intervento diretto della Chiesa nella politica brasiliana con l’intento di impedire la legalizzazione dell’aborto e dei matrimoni tra omosessuali. Lula ha sottolineato l’incompatibilità delle parole arcaiche emesse da Benedetto XVI con la sua politica votata al progresso e al cambiamento, affermando che il comportamento odierno della chiesa coincide esattamente con il comportamento della stessa 2000 anni fa.
Non c’è dubbio alcuno che Lula continuerà sicuramente a fare politica, rimanendo nella sfera d’influenza della neo-eletta e non esclude l’ipotesi di ripresentarsi alle presidenziali del 2014, sperando di fare leva sul sincero affetto nutritogli dal popolo brasiliano.