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“Le passé”: conflitti familiari e verità relative in un formidabile dramma domestico

le-passe-asghar-farhadi-posterdi Marco Chiappetta

CANNES – Due anni dopo il memorabile “Una separazione”, Orso d’oro a Berlino e Oscar al miglior film straniero, il nuovo film dell’iraniano Asghar Farhadi, girato in Francia, riparte dalle stesse basi narrative, etiche, estetiche: un divorzio, un impianto teatrale, uno studio sulla verità. Anche questo sembra un film costruito sul nulla, su uno stratagemma, sul ruolo della parola sempre sfuggente e mai chiarificatore: Ahmad (Ali Mosaffa) arriva a Parigi da Teheran per formalizzare con la moglie Marie (Berenice Bejo), con la quale è separato da quattro anni, le ultime pratiche del divorzio. Nel frattempo assiste al disgregamento della famiglia, alla nuova unione di lei con il giovane Samir (Tahar Rahim), già padre di due bambini e (quasi) vedovo, e al rapporto conflittuale che ha con la figlia, nata fuori matrimonio, Lucie (Pauline Burlet), che non accetta il nuovo compagno della madre e sa, crede, o sospetta che lei e il suo adulterio siano la causa del tentato suicidio della moglie di Samir, in coma da otto mesi. Dov’è la verità? Farhadi non cambia una virgola del suo stile, secco, oratorio, intrigante, e aggiorna i suoi temi chiave in un altro thriller verbale, dove niente è ciò che sembra fino all’ultimo, e la verità è un’utopia, una relatività, che né lo spettatore né i personaggi possono discernere. La scelta è al centro del film: colpa e innocenza, verità e menzogna, morte e nascita, si confondono fino a sfumarsi, come in Kieslowski. La sceneggiatura, scritta a quattro mani con Massoumeh Lahidji, si costruisce per verità e colpi di scena, sempre detti e mai mostrati, che rivelano a poco alla volta un personaggio o una situazione per poi smentirlo, in un crescendo di pathos molto sottile e cerebrale. Il tutto usando l’immagine come suppellettile alla parola, sviluppando un autentico dramma domestico psicologico dai continui ribaltamenti, imprevedibile e incisivo. È un film che nonostante l’abuso della parola, si muove e muove tantissimo, fino all’immagine finale che ne sigilla la bellezza. Recitazione ai massimi livelli, con tre attori superbi. Regia impercettibile e perfetta. Asghar Farhadi è uno dei registi migliori esistenti, una certezza che va al di là dei premi.

Da sinistra a destra: Bérénice Bejo, Jeanne Jestin, Elyes Aguis, Tahar Rahim. Il cast di "Le Passé"

Da sinistra a destra: Bérénice Bejo, Jeanne Jestin, Elyes Aguis, Tahar Rahim.
Il cast di “Le Passé”, film di Asghar Farhadi