di Giacomo Palombino
Un’opera d’arte non è qualcosa di liberamente valutabile: questa, pur trasmettendo a ciascuno emozioni ed impressioni diverse, deve essere analizzata e giudicata rispettando dei criteri. Non si sta facendo riferimento a quei tecnicismi che arricchiscono così come impoveriscono il piacere di godere di un quadro così come di una scultura; ma una regola indispensabile, che deve trovare corretta e costante applicazione qualunque sia l’arte di cui si parla, è quella della visione completa, totalizzante, necessaria al fine di un corretto giudizio finale sulla qualità di quanto osservato. Non si può apprezzare un’opera a metà, non la si può osservare solo per una sua piccola, seppur interessante, parte. Sarebbe corretto leggere solo l’introduzione, o solo un capitolo, o addirittura solo la citazione di una frase di un romanzo per poterne apprezzare il contenuto? Sarebbe corretto giudicare un pittore basandosi su un suo unico dipinto o elogiare un poeta per lo splendido verso di una poesia che vediamo riportato sul web?
Arriviamo al punto, arriviamo alla musica. Quando chiesero a Steve Jobs quale fosse l’utilità di un iPod, quale necessità questo aggeggio dovesse soddisfare, lui rispose che non era l’iPod la vera novità, bensì iTunes: questo è sotto vari aspetti geniale, unico, permettendo di accedere velocemente e a prezzi relativamente bassi a qualunque tipo di musica. Ma iTunes ha distrutto l’essenza stessa dell’ascolto, la sua originaria e fondamentale porta di accesso, l’album: attenzione, non inteso questo nella sua componente materiale, ma nel suo concetto di opera intellettuale, di creazione artistica, come un insieme di canzoni che non sono messe a caso sotto uno stesso titolo, bensì collegate da un filo conduttore che le rende inseparabili. iTunes (ma ovviamente questo nome deve servire solo come esempio di un sistema che tramite internet permette di raggiungere scopi simili, in maniera talvolta illegale) permette di distruggere quell’opera, di frammentarla, e di creare qualcosa di estremamente banale, semplice, ma anche geniale: la playlist. Non si ha più bisogno di quell’album del quale, su dieci canzoni, se ne ascoltano sempre le solite due, ma si possono scegliere dieci canzoni che si preferiscono e metterle tutte insieme.
Non si può criticare semplicisticamente l’innovazione che la tecnologia ha portato sotto questo punto di vista nella musica: ma si deve sottolineare la nascita di tipi diversi di ascolto, entrambi “accettabili” dal punto di vista dell’ “accompagnamento”, ma solo uno corretto dal punto di vista artistico e quindi qualitativo.