di Marco Chiappetta
CANNES – Sintesi, coraggio, ironia, poesia. François Ozon, non certo l’ultimo arrivato, delizia e spiazza la Croisette con un film unico, “Jeune & Jolie”, racconto di formazione sentimentale e sessuale di una diciassettenne parigina, Isabelle, attraverso quattro stagioni e quattro canzoni di Françoise Hardy. La ragazza, interpretata da questa meravigliosa Marine Vacth di cui sentiremo ancora molto parlare, è una ninfomane in nuce che ha la sua prima volta in estate, con un coetaneo tedesco, ma non si accontenta. Cresciuta in una famiglia liberale, calda e accogliente, Isabelle sviluppa un’ossessione compulsiva per il sesso che sembra in netta contraddizione col suo aspetto dolce e innocente, e di cui lei stessa si sente ingenua e incolpevole: dopotutto, dice Rimbaud, non si può essere seri a diciassette anni. E per piacere, più che per noia o danaro, si prostituisce per ben paganti professionisti della società parigina. La base è quella di “Bella di giorno”, ma la sua ironia è più pacata, il suo sguardo più pietoso: se le frecce alla morale borghese sono invece lievi, conta ancora la legge del desiderio e la frustrazione, lo studio psicologico di una donna in apparenza impeccabile e lo sviluppo catartico e catastrofico di un’ossessione indomabile, tra voyeurismo e masochismo. Senza il tocco critico, anarchico e implicitamente scandaloso di Bunuel, ma piuttosto con una leggerezza malinconica, apartitica, e una trasgressione che non ha peli sulla lingua. Mostrando, e mai suggerendo: c’è sesso tout court, quasi soft-core, perversione mai sottintesa, in un crescendo drammatico che ha l’aria di un thriller, soprattutto con la svolta narrativa clou: la ragazza scoperta nella sua scandalosa attività segreta, il turbamento dei genitori, un lento riadattamento tramite terapia, infine un graduale ritorno verso il vizio di prima che non è mai scomparso dalla sua fantasia. Niente è chiaro in lei, ma tutto è chiaro nel film, che ha un dinamismo e un impatto notevolissimi. Come è scritto, come è diretto, con quale attenzione alla sfumatura e alla suggestione psicologica, è un film che riesce a dare più di quello che vorrebbe e lascia una sensazione mista di turbamento e partecipazione assolutamente spiazzante. Sfatando i tabù sessuali, all’interno della famiglia e degli adolescenti (temi cari al regista del recentissimo “Nella casa”), spiati voyeuristicamente e senza pudore, è un film assolutamente scorrevole e godibile, il cui valore non è facilmente riconoscibile né dallo spettatore né dall’autore che sembra aver tirato il freno poco prima di avvicinarsi al capolavoro.