di Gennaro Di Domenico
Le città soffocano per traffico e smog, la raccolta differenziata arranca in buona parte del Paese nonostante i 1300 comuni “ricicloni” e il calo nella produzione dei rifiuti (dovuto alle politiche locali oltre che alla crisi nonostante l’assenza delle politiche nazionali). Il tentativo di arrestare tale degrado ambientale attraverso blocchi del traffico, ztl, giornate ecologiche ed iniziative legate al territorio purtroppo sono soltanto un cerotto su una ferita da guerra. Ad aggravare la situazione economico-sociale del paese, si aggiunge la spada di Damocle della discarica Malagrotta e della qualità dell’aria. Secondo i dati della della Commissione Europea di Marzo 2013, sono 135 i procedimenti di infrazione Ue per l’Italia sui 1775 a livello dei 27 Stati membri (la Spagna ne conta 99, Francia e Polonia 95, Germania a e Regno Unito 76). A livello europeo, su 1775 procedure, 299 riguardano l’ambiente (ovvero il 17% del totale), e anche in questo l’Italia resta in testa per numero di procedimenti aperti su tematiche ambientali: 33 sulle 135 complessive, di cui due procedure chiuse nel frattempo.
Si va dalla non corretta attuazione della direttiva relativa sul rumore ambientale al non corretto recepimento della direttiva relativa a valutazione e gestione dei rischi di alluvioni; dalla non corretta trasposizione della direttiva sulla gestione della qualità delle acque balneabili, alla cattiva applicazione di quella sul trattamento delle acque reflue urbane. L’iter che va dalla messa in mora alla Corte di giustizia e alla sentenza definitiva dura 54 mesi, e a ciò l’Italia non è ancora arrivata, non incappando in alcuna sanzione. Almeno per il momento. Nessuna multa da pagare direttamente per l’Italia, che tuttavia si è imbattuta in “misure preventive” che la Commissione Ue ha messo a punto con il caso dei rifiuti di Napoli e con l’inquinamento di nitrati, nel tentativo di risolvere velocemente la situazione: il blocco dei fondi strutturali per le Regioni del Mezzogiorno e di quelli agricoli. “Obiettivo della commissione non è la multa ma la soluzione del problema – afferma Mauro Albrizio, direttore dell’ufficio europeo di Legambiente – e vista la lunghezza dei tempi burocratici, si preferisce un approccio personalizzato, anche utilizzando mezzi non previsti, ma neanche vietati, come il blocco dei fondi. Nel caso dei rifiuti di Napoli, non si è arrivati alla sentenza, che è stata applicata in maniera indiretta con il blocco, deciso dalla Commissione, di circa 140 milioni di euro che spettavano alla Regione campania. In questo modo, la Commissione ha indirettamente comminato la multa accelerando i tempi e passando da 54 a 19 mesi”.
Per l’inquinamento da nitrati, la Commissione ha imposto all’Italia di risolvere la questione senza avviare la procedura d’infrazione, altrimenti avrebbe bloccato i fondi agricoli. “Con il risultato – continua Albrizio – di chiudere la partita in appena due mesi e mezzo”. La situazione italiana, però, “non va letta solo nelle cifre – precisa il direttore Legambiente – i dati parlano di un Paese alla deriva che non è in grado di gestire l’attuazione della normativa comunitaria, e che si trova in grave ritardo nell’attuazione delle politiche concordate a Bruxelles. Tant’è che nel settimo programma di azione in campo ambientale in via di discussione e che dovrebbe essere adottato entro fine Giugno, è prevista la realizzazione di contratti di partenariato per avviare un approccio personalizzato ai problemi dei singoli Paesi e risolverli”. Nel rapporto ambiente 2013, tenutosi a Roma nello scorso Aprile, intitolato “L’Italia oltre la crisi”, il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, ha detto: “Questa crisi è figlia di politiche scellerate che hanno considerato l’ambiente come un freno per lo sviluppo economico o un lusso da rinviare a tempi migliori. Dalla crisi che sta attraversando il Paese invece si potrà uscire solo con idee differenti e con il coraggio di cambiare sul serio. Dobbiamo puntare a una alleanza tra lavoro e ambiente per cercare di rispondere adeguatamente alla drammatica situazione attuale per cui aumentano le diseguaglianze e la crisi climatica incombe. Oggi c’è una sola ricetta per uscire dalla crisi, ed è quella di una Green economy che incrocia le domande e i problemi dei territori, i ritardi del paese e le paure del futuro, le risorse e le vocazioni delle città e che vuole rimettere al centro la bellezza italiana”.
“Forse – ha aggiunto il vice presidente di Legambiente, Edoardo Zanchini – addirittura più grave della crisi economica è la mancanza di idee per cambiare la situazione attuale, per restituire una speranza ai precari, ai giovani senza lavoro, a chi vive in città inquinate. Non possiamo accontentarci di un dibattito politico senza sbocchi tra tagli alla spesa pubblica e agli investimenti e promesse su Imu, Iva e Irpef. Questa prospettiva condannerebbe l’Italia a altri dieci anni di declino, quando c’è invece bisogno di un cambiamento radicale”.
Cogliati Dezza ha poi formulato cinque proposte per “cambiare il futuro in modo radicale”: ridisegnare la fiscalità per spingere l’innovazione ambientale e creare lavoro; fermare le ecomafie con sanzioni penali adeguate, misure preventive e patrimoniali, obbligo di ripristino dello stato dei luoghi; rilanciare gli investimenti in ricerca e green economy e contrastare il dissesto idrogeologico; premiare l’autoproduzione energetica da rinnovabili e la riqualificazione del patrimonio edilizio; mettere al centro le città (welfare, trasporto pubblico, asili, istruzione) per non perdere le risorse dei fondi strutturali europei.
ECOMAFIE – È sul problema dell’illegalità ambientale che pone particolare attenzione il rapporto. Secondo Legambiente, infatti, negli ultimi dieci anni il business totale delle ecomafie è aumentato dai 14,3 miliardi di euro del 2001 ai 16,6 miliardi di euro del 2011. “Le infrazioni accertate nel 2001”, si legge nel rapporto Ambiente Italia 2013, “erano 31.201, oggi, nonostante l’accresciuta sensibilità e la diffusione delle informazioni sulla gravità del problema, sono 33.817. Le persone denunciate o arrestate erano 25.890 mentre oggi sono 28.274. Anche nel ciclo dei rifiuti le infrazioni sono aumentate, passando da 1.734 a 5.284, così come per l’annoso problema (tutto italiano) dell’abusivismo edilizio che grazie ai reiterati annunci di condono edilizio e alla scarsa attuazione della politica degli abbattimenti, ha visto il fenomeno passare dalle 25 mila infrazioni del 2001 alle 27 mila attuali”.