di Stefano Santos
Pur essendosi stabilito definitivamente in Francia a partire dal 1984 Paco Dècina, napoletano di Chiaia ha sempre mantenuto un rapporto privilegiato con le sue radici. A partire dalle coreografie Tempi Morti e Circumvesuviana, presentate nel biennio 1987-88 e che lo imposero all’attenzione della critica e del pubblico, per arrivare nel 2013 con la prima italiana di Précipitations nella sua città natale, nell’ambito del NTFI, che ha sede proprio – a rivelarlo è il coreografo stesso – dove lui nacque, in via dei Mille.
Messo in scena nella “Sala dei 500” del museo Nazionale ferroviario di Pietrarsa, Précipitations è una coproduzione Compagnie Paco Dècina, Théatre 71 Scène Nationale, Le Théatre Scene Nationale de Macon e vede come protagonisti, oltre allo stesso Dècina, i ballerini della compagnia Post-Retroguardia. A causa di un incidente, tuttavia, il ballerino Orin Camus, che doveva danzare nell’ultimo quadro, è stato costretto a dare forfait ed è quindi stato sostituito da Sylvére Lamotte.
I tre quadri, che si pongono come esplorazioni di tre stati, di tre territori artistici differenti, si sono svolti in una scenografia essenziale – solo una sfera di metallo appesa a un filo al centro della scena, e la postazione del percussionista Christian Lété – e un caldo ormai pienamente estivo, che ha fatto boccheggiare diversi spettatori.
Luci blu – colore freddo, statico – puntate sulla scena hanno segnato l’inizio della performance, accompagnate da musica minimale e essenziale (firmata da Fred Malle) e dall’ingresso di Takashi Ueno, seguito poi da Paco Dècina e Noriko Matsuyama, che di lì in poi hanno ballato in coppia. Movimenti lenti e ponderati, il contrarsi scultoreo dei corpi dei ballerini – fisicità accentuata dal velo di sudore che mano a mano prendeva forma –, le cadenze lente della musica e delle percussioni hanno segnato il primo quadro della staticità, suggerita dall’immobilità del pendolo.
Stasi che si è interrotta quando il trio ha lasciato posto al duo, formato da Vincent Delétang e Sylvére Lamotte. I ritmi percossi da Lété hanno subito un accelerazione, così come il moto oscillatorio del pendolo, attorno al cui volteggiare si muovevano i due ballerini, a gran velocità. Si coglie in questo momento l’accezione che Dècina ha voluto dare alla parola Précipitations, cioé affollamento, velocità, di qualcosa che arriva all’improvviso, dell’emergenza. Il duo ha poi lasciato posto all’assolo della ballerina Jesus Sevari, che si è mantenuta sullo stesso registro, accompagnata dalle percussioni di Lété, terminata con la sistemazione del pendolo in una posizione diagonale, di sospensione in cui non si capisce se si è fermata o se sta ricominciando a muoversi. Posizione che ha iniziato il terzo e ultimo quadro, in cui si è assistito alla sinergia sensuale della coppia formata da Sylvére Lamotte e Chloé Hernandez, movimenti intimi culminati in rendez-vous finale dei protagonisti della performance al centro della scena, che ha innescato l’applauso finale della sala, sicuramente meritato.