di Stefano Santos
L’autostrada europea E45 ha origine a Karesuvanto, cittadina al confine settentrionale tra Finlandia e Svezia e si arresta a Gela, in Sicilia, ed è la più lunga autostrada europea in senso Nord-Sud, che unisce il circolo polare artico con il profondo meridione. E’ anche tuttavia il nome della rassegna parallela al Napoli Teatro Festival, l’E45 Napoli Fringe Festival.
Essa si ispira al modello iniziato nel 1947 a Edinburgo, ideato per offrire una vetrina in cui compagnie più giovani o meno conosciute potessero mettersi in risalto e avere maggiore visibilità, ed è stato concepito nel 2009 e accompagnato alla sua “sorella maggiore” nel periodo di programmazione. Inoltre a partire proprio da questo anno, la Fondazione Campania dei Festival partecipa nella produzione degli spettacoli, con un contributo di 5000€, oltre al supporto logistico e alla spettanza degli incassi. Delle 70 compagnie che avevano superato una prima selezione, 30 sono state scelte da una giuria al termine di una “maratona teatrale” tenutasi il giugno del 2012 e si affiancano alle altre 24 della rassegna “maggiore”. Gli apici sono necessari perché da più parti è emersa l’opinione di un Fringe, per questo anno, “superiore” per qualità e per novità al Festival principale – giudizio maturato anche in seguito alle stroncature di alcuni spettacoli “di punta”, come lo Spopolatore di Peter Brook – meritevole certamente di un’attenzione maggiore da parte sia del pubblico che della stampa.
L’Uomo Senza Contenuto, ideato e diretto da Roberta Nicolai e rappresentato ieri e mercoledì al Teatro Sannazaro di Napoli, coprodotto da triangolo scaleno teatro/Teatri di Vetro di Roma e Fondazione Campania dei Festival, è la terza e ultima rappresentazione nell’ambito del cosiddetto Trittico dello Spaesamento, iniziato nel 2010 con Profanazioni e proseguito nel 2012 con la Nudità.
Lo Spaesamento cui si allude nel titolo afferisce alla condizione dell’uomo contemporaneo, di cui si propone di indagarne il sentimento e il significato, con una struttura basata sugli scritti del filosofo italiano Giorgio Agamben (di cui i quadri conservano il titolo: Profanazioni, Nudità, L’uomo senza contenuto) e sulla trasparenza del testo con un nodo narrativo. Vediamo così sovrapposti, senza soluzione di continuità, rispettivamente, il mito del Minotauro, la Metamorfosi di Kafka e Infanzia di un capo di Sartre. Nel quadro in oggetto protagonista è Lucien – ma è quasi impossibile parlare di una trama compiuta, e quindi di una reale divisione di ruoli – impegnato in “un malinconico circo esistenziale, in cui è l’infanzia è dimensione prima e insuperabile”. Gli interpreti Michele Baronio, Rosa Palasciano, Valerio Peroni, Enea Tomei sono le voci di un medesimo flusso di coscienza. Nel principio, si vede Lucien tentare di ricominciare attraverso una trasformazione verso l’infanzia, con i suoi giochi, la sua spensieratezza. In altre scene, si scoprono rimandi al complesso di Edipo così come descritto da Freud, in altre ancora ai simbolisti francesi, a slogan, a frammenti del testo di Sartre, in turbinio contraddittorio in cui è difficile talvolta catturare il filo del discorso, che non tende né alla linearità né alla coerenza, in cui emerge una realtà frammentaria, sempre sospesa tra infanzia e maturità. Gli attori si muovono in scenografia essenziale, in cui il solo elemento fisso è costituito da un’altalena, simbolo dell’infanzia, mentre il resto degli elementi scenici è in continuo movimento. Lo spaesamento dell’uomo contemporaneo.