di Gianmarco Botti
Quando due arti considerate tradizionalmente distanti, se non addirittura antagoniste, come la seconda e la settima, la pittura e il cinema, si incontrano a metà strada, non puoi sapere cosa ne verrà fuori. Lo hanno scoperto gli spettatori di “Munch 150”, la mostra-evento digitale che ha avuto luogo giovedì sera alle 20.00 nei cinema di tutto il mondo. Trasportati per un’ora e mezza nelle sale del Munch Museum e della Galleria Nazionale di Oslo, hanno potuto ammirare “da vicino” l’opera del grande artista norvegese, esposta fino ad ottobre in una grande mostra che celebra il centocinquantesimo anno dalla sua nascita. Un esperimento già tentato (e riuscito) a febbraio con Leonardo e ad aprile con Manet, e che si ripeterà ancora in ottobre, quando sul grande schermo si materializzeranno i dipinti dell’olandese Vermeer. Date uniche per un’iniziativa unica, certamente “di nicchia”, eppure capace di attrarre gli appassionati d’arte di ogni dove, consentendo a tutti di prendere parte alle più belle mostre internazionali senza lasciare la propria città, comodamente seduti in poltrona. È così che il pubblico del 27 giugno ha potuto conoscere un Munch in larga parte inedito, non più e non solo l’autore de “L’urlo”, ma l’anima profondissima e tormentata che ha concepito i capolavori del “Fregio della vita”, l’individuo acutamente introspettivo degli autoritratti giovanili, l’artista affermato e finalmente riconosciuto in patria che dipinse le decorazioni murali dell’Aula Magna dell’Università di Oslo. Perché era questo lo scopo dei curatori della mostra (e del regista del film, che a questo punto è dire quasi la stessa cosa): relativizzare “L’urlo”, inserirlo nella cornice molto più ampia dell’opera cinquantennale di un artista prolifico e complesso quale fu Edvard Munch. Sarà pure lui, il dipinto del 1893, l’incarnazione più compiuta delle angosce che afflissero l’artista per tutto il corso della sua vita, la fotografia più onesta dell’epoca di crisi e di colossali sconvolgimenti nella quale si trovò a vivere. Ma che dire degli altri? Nessun “urlo” sarebbe stato possibile senza il terrificante trauma giovanile testimoniato da “La bambina malata” (1886) e “La morte nella stanza della malata” (1893), in cui la famiglia diviene, freudianamente, il terreno di coltura di tutti i disagi e le nevrosi dell’individuo adulto; la perdita della sorella e ancora prima quella della madre, sono forse alla radice del rapporto ambiguo che Munch avrà sempre con le donne (la “Madonna”, 1894-1895, con la sua sensualità maestosa e “sacrale”, è in questo senso particolarmente rappresentativa), nelle quali vedrà un pericolo per la propria innocenza (“La pubertà”, 1893, ma anche e soprattutto “Ceneri (dopo la caduta)”, 1894, e “Metabolismo (Adamo ed Eva)”, 1899), quando non dei veri e propri mostri (“Vampiro”, 1893-1894); la medesima ambiguità si riflette nell’incontro fra il sole caldo e le acque gelide del mare norvegese che in età matura Munch dipinge sulle pareti dell’Università (“Il sole II”, 1910-1916): un raggio di speranza nel buio della sua anima? Difficile dirlo. Certo è che negli ultimi anni Munch guarderà alla morte, per lui una vera ossessione fin dalla giovinezza (insieme alla malattia e alla follia la descrive come uno degli “angeli neri che si affacciavano sulla mia culla”), con maggiore distacco, con lo sguardo stoico dell’anziano signore in piedi fra il pendolo e il letto, fra il tempo e la fine del medesimo (“Autoritratto tra l’orologio e il letto”, 1940-1943). Ben si vede allora come il legame fra vita e opera sia in Munch particolarmente stretto, ed è qui che il cinema dà il suo contributo insostituibile: nell’interpretazione degli attori prendono forma i momenti essenziali della vicenda umana dell’artista, dalla giovinezza travagliata fino alle sofferte relazioni con l’altro sesso, una trama che sullo schermo diventa quasi un film horror, con tanto di gracchiare di corvi di sottofondo.
Chi il 27 giugno avesse perso l’incredibile occasione di ammirare la mostra nel cinema vicino casa ha tempo fino ad ottobre per prenotare un viaggio ad Oslo. Dopodiché le celebrazioni per il centocinquantesimo si sposteranno in giro per il mondo e anche l’Italia avrà il suo appuntamento con Munch: una mostra dell’artista sarà allestita al Palazzo Ducale di Genova da ottobre 2013 a marzo 2014. Prezzo ridotto per chi esibirà il biglietto del cinema del 27 giugno.