di Mattia Papa
Il governo Letta, si sa, non fa notizia. Ci vuole uno scoop in stile estivo per far parlare di sé. Non bene, né male: semplicemente qualcosa per farlo uscire dal suo inconfondibile stile di prostrazione assoluta. D’altronde, prima di poter rimescolare le carte dei giochi e andare alle elezioni, c’è d’aspettare il verdetto della Cassazione nei confronti del Cavaliere. Se infatti non fosse per i terremoti scatenati dal padre-padrone del Pdl dopo ogni processo finito con condanna, qualche scandalo fiscale sui ministri e per il razzismo, la xenofobia e il disprezzo per le Istituzioni da parte della Lega Nord, chi parlerebbe del nuovo governissimo in pieno stile italiano? Non ci sarebbe nulla di cui parlare.
Per fortuna, però, la forte identità padana è sempre pronta a salvarci dall’invisibilità giornalistica. I padani resistono. Si sa, loro “ce l’hanno duro”.
È grazie agli uomini in cravatta verde, infatti, che l’Italia tutta torna sulle testate estere. Tutti i quotidiani di rilievo d’Europa hanno dedicato al Belpaese almeno un articolo per le illuminanti parole del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, il quale ha definito – durante la festa leghista a Treviglio – un “orango” il ministro per l’integrazione Cécile Kyenge (attualmente delegata anche alle politiche giovanili, dopo le dimissioni di Josefa Idem per lo scandalo fiscale).
Certo, da Calderoli sono giunte immediatamente le scuse per lo scandalo che tale affermazione ha causato. Eppure, nonostante il passo indietro di Calderoli,, il ministro Kyenge ha dichiarato che “la questione resta” nonostante abbia accettato il gesto del vice-presidente di Palazzo Madama. Ogni carica dello stato si è indignata per quanto detto dal vice di Grasso. È andata male soltanto al Presidente della Repubblica, però. Napolitano, che esprimendo la sua totale indignazione per l’avvenuto, si è visto attaccato dal segretario leghista della regione Lombardia Matteo Salvini che gli ha consigliato di “tacere, che è meglio”. Prendersela con un qualunque nuovo arrivato del Pd non avrebbe dimostrato altrettanto coraggio. Un po’ come chi compra i Suv.
Oltretutto la questione ha portato Letta ad usare davvero la maggior parte dei suoi buoni propositi per trovare il coraggio di chiedere al governatore della Lombardia e leader della Lega Roberto Maroni di placare le acque: in procinto degli organizzativi dell’Expo 2015, non vuole brutti scherzi né seccature. In genere, s’intende.
Per non lasciare scontente le altre testate, il Governo si è preso la briga di un piccolo scandalo internazionale: il caso Shalabayeva. Questa volta il ministero in questione è quello dell’Interno. Il team del vice-premier Angelino Alfano sarebbe stato coinvolto nel grande caso che ha visto l’espulsione (poi ritirata) della moglie e della figlia del dissidente e imprenditore kazako Mukhtar Ablyazov, dopo la segnalazione dei diplomatici della presenza del ricercato a Casal Palocco alla Questura di Roma. Prima testa a cadere quella del capo gabinetto del Delfino, Giuseppe Procaccini, il quale incontrò l’ambasciatore kazako Andrian Yelemessov il 28 maggio scorso per discutere della questione. Fu proprio il prefetto a mandare i diplomatici alla Questura che intervenne con l’espulsione dei familiari di Ablyazov. Come se non bastasse, l’imprenditore kazako è ricercato anche da Mosca per frode alla BTA Bank, ed è ben noto il legame di Berlusconi con il presidente Putin. L’immaginazione deve fare un passo davvero breve per collegare i pezzi. Dubbi e perplessità attanagliano il cuore di tutti: le telenovela hanno sempre attirato molta più attenzione di un paese al limite della crisi sociale. Purtroppo questa volta potrebbe finire con un incidente diplomatico. Ma cosa sarà mai per il grande B.? Come si suole dire, poi: “Tra Russia e bandito, non metter mai il dito”.
In qualunque caso, gli altri paesi ci deriderebbero comunque, e forse molto più di quanto non facciano già ora. Sarà per l’apatia più assoluta che l’Italia dimostra e il ruolo da racchetta palle al tavolo dei grandi dell’Ue. O forse perché da anni ci facciamo prendere in giro da destra e ancora votiamo per l’inesistente e inattendibile sinistra. Sarà forse per il totale disinteresse della maggior parte della popolazione nei confronti della Repubblica e della società civile, i mediocri giochi retorici in pieno stile tv-spazzatura dei nostri politici e l’arrivismo di chi avanza senza indugio o preoccupazione nel dover calpestare il prossimo, anzi indossando le scarpe più pesanti e un buon accento di sadismo.
C’è da dire che quel poco che si è fatto è stato possibile grazie alla flessibilità sui bilanci promossa dall’Ue per i paesi con i conti in ordine: nell’Italia ritrovata dopo la parentesi Mario Monti, finalmente i conteggi sono ordinati, anche se a furia di sangue e cinture strette.
Insomma, il famoso binomio morte e tasse? Sì, perché l’isteria è ancora dilagante in tutto lo Stivale, le crisi familiari scatenate dalle esigenze economiche sono all’ordine del giorno, e solo da poco si è fermata l’emorragia di suicidi, in particolare al Sud. I conti, però sono in ordine. Finalmente.
Oltretutto non c’è da dimenticarsi della grande spinta europea contro l’ultimo governo Berlusconi (non l’attuale con Letta, bensì quello terminato nel novembre 2011) solo grazia alla quale – per quanto non si sia riusciti a “rottamare” il Cav grazie all’impotente sinistra – almeno lo si è arginato e obbligato a confrontarsi in tribunale e forse finalmente a passare il testimone politico ad uno dei suoi lacchè. I più preferiscono pensare ad un erede naturale, magari Marina la figlia maggiore. Un’altra telenovela, in breve.
Insomma, dopo la fortuna per l’esistenza di Silvio, sarebbe giusto cantare “menomale che la Lega c’è”, perché è solo grazie ad essa che si è ritrovato l’ormai persa visibilità internazionale. Un caloroso in bocca al lupo anche al vice-premier che sicuramente – come proclama Procaccini – “non sapeva nulla” a riguardo del caso Ablyazov. E poi anche Berlusconi ha – più o meno – iniziato così: e poi processo contro processo, è passato un ventennio.
Ce’è solo da citare Moretti che anni fa rivolgendosi a D’Alema disse quel che andrebbe bene anche al premier Letta: “Che tortura! Reagisci. Dì qualcosa. Reagisci! Dì una cosa di sinistra! Dì una cosa anche non di sinistra, di civiltà! Dì qualcosa! Reagisci!”. Anche se fosse per un solo momento. Giusto così, fosse solo per ridere. O per sentirci più vicini ai nostri tempi, e non lontani secoli nel ritrovarci nell’alto medioevo padano, a cavallo e sudditi sempre degli stessi Signori.