di Marco Chiappetta
TRAMA: New York, 1961 – Llewyn Davis (Oscar Isaac), talentuoso ma instabile cantautore folk, si arrangia a sopravvivere con la sua musica in locali del Greenwich Village, chiedendo ospitalità sui divani di amici e vivendo la vita alla giornata. Costretto a trovare un senso alla sua vita di artista vagabondo, frustrato nelle ambizioni e alle prese con la responsabilità di aver messo incinta Jean (Carey Mulligan), la ragazza del suo amico e collega Jim (Justin Timberlake), Llewyn intraprende un viaggio in autostop verso Chicago per cercare un’altra chance, ma questo tragitto, interiore più che altro, gli serve per capire il suo ruolo di inadatto alla vita e solo al mondo.
GIUDIZIO: Premiato a Cannes col Grand Prix della Giuria, è finora, nell’eccelsa produzione dei fratelli Coen, il film più sobrio e semplice, scevro da eccessi di violenza e ironia grottesca, eppure ancora totalmente autentico, riconducibile alla loro identità americana e alla loro idea di cinema classico, puro folk come la musica stupenda che permea il ritmo e il tono del film. È un film autentico, tenero e dolceamaro, fatto di sentimenti e suggestioni visive e musicali, costruito narrativamente e psicologicamente come uno stream of consciousness, con un protagonista assoluto e un mondo che gli gira attorno (male), dove personaggi secondari, situazioni altre e viaggi in autostop, viaggi mentali, aiutano il personaggio a scoprire la sua solitudine, ad accettarla, a conviverci. La fotografia di Bruno Delbonnel, un artista tra i più grandi nel cinema d’autore (suoi i colori di “Il favoloso mondo di Amélie” e del “Faust” di Sokurov) alla seconda collaborazione coi due fratelli (dopo il corto “Tuileries”, dal film “Paris, je t’aime”), accentua questa condizione umana di disperso, con colori nitidi, nebbie, ombre, che sono veri stati d’animo impressi su pellicola. Al centro c’è come sempre l’America, il mito triste dell’outsider e del sogno americano infranto, del talentuoso senza regole, frenato e sfrenato dallo squilibrio; le strade di New York, il Greenwich Village, la musica folk delle bettole, gli autostop, i viaggi on the road, i diner e i café disperati. Un mondo iconografico ricostruito come sempre con perfezione, e una storia intimista, senza trama ma non senza eventi, raccontata con una poesia visiva che è sempre più rara. Più che un contorno, vera anima del film è la musica, e il suo splendido protagonista Oscar Isaac, già visto in ruoli secondari (“Drive”, “Robin Hood”), che ne incarna l’essenza. Il suo talento canoro, musicale, recitativo lascia il segno. Inside Llewyn Davis: è il nome del disco che il protagonista cerca di diffondere, ma anche un indizio per capire un film che scava dentro il personaggio, e forse dentro noi. Nel cast brevi e decisive apparizioni di John Goodman, Garrett Hedlund e F. Murray Abraham. Piccolo omaggio al cinema italiano: il gestore del bar dove suona il protagonista si chiama Pappi Corsicato, come il regista e documentarista napoletano, molto stimato dai due fratelli.
VOTO: 4/5