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“Dietro i candelabri”: Soderbergh dice addio (o arrivederci) al cinema con classe

Preview-Dietro i Candelabri poster 3di Marco Chiappetta

TRAMA: 1977 – Liberace (Michael Douglas), popolare ed eccentrico pianista da music hall e casinò di Las Vegas, incontra e ama il giovane e aitante Scott Thorson (Matt Damon), facendone il suo segretario e suo compagno di vita, istaurandovi per sei anni una relazione torbida, appassionata, spesso soffocante e morbosa, fatta di gelosie e ossessioni, angosce e timori, vizi e stravizi, all’insegna dell’eccesso, dell’edonismo e del narcisismo sfrenati.
GIUDIZIO: Prodotto dalla HBO come film tv, riabilitato come film di cinema grazie anche alla partecipazione in concorso all’ultimo festival di Cannes, quello che Steven Soderbegh ha definito, minaccioso, come il suo ultimo film, è una bella, classica storia d’amore, tenera e discreta nel racconto dell’omosessualità senza veli e senza freni dei due protagonisti, mai volgare e provocatorio nel descrivere personaggi e situazioni che invece lo sono. Diretto, ma anche fotografato molto bene da Sorderbergh (con il solito pseudonimo Peter Andrews), fa dello stile un motore importante alla ritmica narrativa, ma senza dimenticare la sfera sentimentale, umana, di una storia che dice la verità sull’amore e sui suoi personaggi fragili e soli. Non a caso di Liberace, icona di un certo pop e di un certo kitsch (che andò dai ’50 agli ’80, fino alla morte per AIDS), si arriva a conoscere meno della sua musica che della sua anima. Scelta narrativa, di tenere la sua musica un po’ da parte, ma anche merito artistico di un Michael Douglas impressionante, truccato e vestito come un re (o una regina) dell’eccentricità, capace di regalare una performance travolgente, perfetta, sostenuta comunque da un intenso Matt Damon: affiatati e realistici, sono la vera essenza di questo film, per il resto valido soprattutto come sguardo, ovviamente disilluso e divertito, sul mondo dello spettacolo, fasullo e frivolo, coi suoi deliri di opulenza e vanità, vittima di quell’ossessionante, castrante paura dell’oblio, della vecchiaia e della morte che solo chirurgia plastica, vestiti, gioielli, ville lussuose e applausi a buon mercato possono attenuare.
VOTO: 3/5