di Stefano Santos
Prosegue il ciclo di spettacoli curato da Luca De Fusco e prodotto dal Teatro Stabile di Napoli tratto dalla raccolta di novelle “Il Mare non bagna Napoli” della scrittrice Anna Maria Ortese. Dopo l’esordio di “Un paio di occhiali”, diretto dallo stesso De Fusco e interpretato da Gaia Aprea, è il turno di “Interno Familiare”, messo in scena presso il Ridotto del Mercadante, dal 29 ottobre al 3 novembre 2013, con la drammaturgia, musica e regia di Paolo Coletta.
Il cast si fa notare per essere completamente al femminile, con la protagonista Anastasia Finizio, interpretata da Antonella Romano, affiancata dalla madre (Monica Assante di Tatisso), la sorella minore Anna (Daniela Fiorentino), l’amica e confidente Dora (Ivana Maione), promessa al figlio maschio della famiglia, Eduardo; la Zia Nana, un’anziana e minuta signora (Peppa Talamo).
La scenografia è ridotta ai minimi termini: uno schermo dietro cui si celano talvolta le figure delle attrici-cantanti e un piedistallo posto al centro del palcoscenico. L’ambientazione si pone nel secondo dopoguerra, tra la vigilia e il giorno di Natale, tra le stradine di Monte di Dio, zona di Napoli del quartiere San Ferdinando. Il compito di rappresentare tutto ciò che è sottinteso e sotteso è affidato alla musica e alle voci delle protagoniste, le quali riportano le parole della Ortese in un misto tra parlato e cantato senza soluzione di continuità.
Soluzione convincente che ha il pregio di riuscire, con l’uso della musica, forma d’arte tra le più immediatamente espressive, a veicolare le emozioni delle protagoniste e in particolare di Anastasia, orgogliosa di riuscire a mantenere la famiglia numerosa anche dopo la morte del capofamiglia, che storce il naso al pensiero della sorella minore promessa a un umile commesso, viene travolta dalla notizia del ritorno a Napoli dopo molti anni di un’antica fiamma, Antonio Laurano, ormai fidanzato. L’evento scatena nella donna una serie di reazioni contrastanti, lacerata dalla rinnovata passione giovanile, tentata di seguirla, l’amara considerazione di aver abbandonato quasi definitivamente la stagione della giovinezza, essendosi sobbarcata sulle spalle la famiglia, diventando così serva dei bisogni altrui – colei che nelle feste comandate lavora perché i giovani possano goderne appieno.
Nel suo flusso di coscienza sarà accompagnata dalle suggestioni, dai giudizi e dalla compassione delle familiari, che si muovono attorno a lei, posta simbolicamente sul piedistallo al centro della scena.
Il risultato complessivo si rivela davvero convincente. La musica di Coletta si amalgama bene nel flusso generale dell’opera, definita “a metà fra il Songspiel e l’opera buffa”, sorretta ottimamente dalle prestazioni attoriali e canore del cast, riuscendo a colpire l’animo degli spettatori, che hanno ben accolto lo spettacolo.