di Gennaro Di Domenico
Da mesi non si parla d’altro che di terra dei fuochi: eppure, parole come biocidio, rifiuti tossici e triangolo della morte fanno parte della quotidianità campana da almeno vent’anni.
Il traffico di rifiuti speciali è iniziato nel 1982, quando la normativa italiana è stata modificata introducendo il trattamento dei rifiuti industriali.
La prima inchiesta, “Adelphi”, nel 1991 portò alla luce un traffico internazionale di bidoni e liquame industriale sotterrato nelle cave del casertano e nelle piane campane.
Da quella prima operazione sulle cosiddette Ecomafie, sono stati poi istituiti un Osservatorio e una Commissione parlamentare d’inchiesta, per far fronte al disastro ambientale perpetrato negli anni. Una serie infinita di operazioni.
Il pentito Carmine Schiavone durante gli interrogatori del ’93, ’94 e ’96, davanti alla commissione parlamentare sulle Ecomafie, raccontò alla magistratura il sistema illegale per lo sversamento dei rifiuti organizzato dai casalesi sul vasto territorio campano.
Chianese Cipriano, che operava per suo conto nello smaltimento illegale dei rifiuti, unitosi in affari con i boss Francesco Schiavone (Sandokan) e Francesco Bidognetti, tramite la comune conoscenza di Gaetano Cerci, il “Ministro dell’Ambiente” della cosca, iniziò con loro un lungo rapporto d’affari per la gestione del sistema rifiuti. La concessione avuta per la realizzazione delle vasche ittiche, utilizzate per l’estrazione della sabbia (destinate per le costruzioni della superstrada Nola-Villa Literno), affidate a Gaetano Cerci venivano riempite con rifiuti tossici, il sistema ha scaricato rifiuti nelle cave che vanno dal Lago Patria fino a Mondragone. Qualiano, Villaricca e Giugliano sono il triangolo industriale dello sversamento illegale dei rifiuti tossici, gestito dal clan Mallardo, mentre i casalesi controllavano i territori del casertano.
Triste nomea hanno le terre di Partenope per quel giro di soldi che hanno sporcato terreni ubertosi e produttivi, il triangolo della morte è quel pezzo di paese tra Acerra, Nola e Marigliano dove negli anni è stato riscontrato un aumento vertiginoso della mortalità per cancro, soprattutto nei bambini.
E’ questo il punto d’inizio, lo snodo principale che ha fatto dei rifiuti industriali un business da miliardi di euro per le cosche camorristiche, che ha fatto della Campania il crocevia per lo smaltimento dei rifiuti delle aziende del Nord, colpevoli quanto chi oggi, da pentito, vuota il sacco e si vergogna di aver assassinato la propria terra. Fa riflettere come coloro che hanno registrato le sconvolgenti dichiarazioni di Schiavone (“Entro venti anni gli abitanti di numerosi Comuni del casertano rischiano di morire tutti di cancro a causa dei rifiuti pericolosi interrati”), di una portata così seria e grave, risalenti a diciottono anni fa e venute alla luce soltanto una quindicina di giorni fa, quando i verbali del processo sono stati resi pubblici, siano stati a guardare inermi lo scempio che ormai è palesemente avvertito dalla comunità intera.
Oggi si cerca di fare sempre più luce su tale vicenda che sta portando al deterioramento dei prodotti coltivati nella terra dei fuochi e una forte influenza negativa sulla salute delle persone che vivono e lavorano in questo quadrilatero della terra dei fuochi. La popolazione campana si è riunita per combattere questo fenomeno criminale, dimostrando unione e voglia di lottare affinché lo smaltimento di rifiuti illecito svanisca per sempre. Il risultato di questa battaglia ha portato alla nascita di #fiumeinpiena, movimento pacifico ed apartitico, fondato e formato da giovani, vero punto di contatto tra i vari comitati e le varie associazioni del napoletano e della provincia. Si ritiene che questa terra, che non è solo la Terra dei Fuochi, appartenga alle persone: alle persone che ogni giorno si ammalano, faticano, soffrono; #fiumeinpiena è la speranza: quella dei giovani di poter finalmente cambiare le cose, di poter dire, una volta per tutte, “basta al biocidio”. “È un fatto – si legge sul sito di fiumeinpiena.it – che in Campania le aspettative di vita siano più basse che nel resto dell’Italia. È un fatto che i casi di tumore siano in costante aumento. Ed è un fatto che ogni notte, nella Terra dei Fuochi, vengano dati alle fiamme copertoni e residui industriali. È un fatto che a Caivano, dopo gli scavi della Guardia Forestale, siano stati ritrovati bidoni di materiale tossico, fusti di metalli e residui industriali. Non è populismo, non è vittimismo; non è nemmeno disfattismo.
E’ in virtù di questi fatti che nella giornata di ieri, 16 Novembre, oltre 70mila persone sono scese in piazza per chiedere giustizia, far luce su un processo che vede centinaia di persone coinvolte ma nessun colpevole.
La manifestazione ha trovato nello spot di due attori, Patrizio Rispo e Miriam Candurro della soap “Un Posto al Sole”, una giusta cassa di risonanza. “Ci tolgono il diritto alla vita – È cos ’e niente! – Ci tolgono l’aria – È cos ’e niente! – Qua a forza di dire “È cos ’e niente!, pure io e te siamo diventati due cose di niente”.
Ulteriore risalto al problema Terra dei Fuochi è stato dato dall’attore e comico Paolo Caiazzo, originario di San Giorgio a Cremano, che nella puntata dello scorso 11 Novembre di Made in Sud è stato molto più serio, incisivo e credibile di tanti rappresentanti istituzionali, cardinali e politicanti venditori di chiacchiere e in cerca di facile demagogia. Con battute cariche di ironia e intrise di amaro sarcasmo e cruda verità, attraverso il personaggio di Tonino Cardamone, giovane in pensione a causa di problemi mentali, Caiazzo dice che a Napoli la raccolta differenziata viene svolta, ma attraverso un metodo particolare: “In una campagna mettiamo l’amianto, in un’altra campagna facciamo l’arsenico. La facciamo la raccolta, non è roba nostra, ma la facciamo”. Rincara la dose, aggiungendo che “ci hanno mandato tanto di quei bidoni di vernice che è normale il bidone si corrode, la vernice finisce nel terreno ed è una comodità. Pensate. La settimana scorsa volevo fare una premuta di arance rosse, premo la prima ed esce verde pastello. Non mi sono perso di coraggio ho premuto cinque chili ed ho “pittato” bagno e cucina”.
Poi l’affondo, serio, tagliente: “Vogliamo scherzare e scherziamo, ma qui c’è poco da ridere quando succedono queste cose mi rendo conto che all’italiano manca sempre qualcosa. L’imprenditore del Nord ci ha mandato i rifiuti tossici ed è un uomo senza cuore. L’uomo del Sud, invece, li ha sotterrati nel proprio terreno, li ha coltivati e ci ha pure mangiato ed è uno senza cervello. Ma chi doveva controllare è un uomo senza le palle”.
Si ha la sensazione di tornare sempre al punto di partenza, un po’ come il Monopoli; in gioco, però, le vite di migliaia persone. Molti sapevano, ma nessuno ha parlato.