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“Prima del silenzio” in scena al Teatro Stabile di Napoli: Gullotta e Franceschini nel dramma di Patroni Griffi

Leo Gullotta e Eugenio Franceschini

Leo Gullotta e Eugenio Franceschini

di Stefano Santos

La stagione 2013/2014 del Teatro Stabile di Napoli diretto da Luca De Fusco si è aperta con il dramma “Prima del silenzio” di Giuseppe Patroni Griffi, diretto da Fabio Grossi, prodotto dal Teatro Eliseo in collaborazione con Fuxia-Contesti d’immagine Srl, a partire dal 20 novembre al 1° dicembre. In scena Leo Gullotta, affiancato da Eugenio Franceschini, con le apparizioni a video di Sergio Mascherpa, Andrea Giuliano e Paola Gassman.
Il tema pregnante del dramma è quello del dibattito intergenerazionale, argomento molto caro allo scrtittore napoletano, in cui domina la difficoltà di comunicazione e la mancanza di un linguaggio comune su cui incontrarsi. L’incontro-scontro è materializzato dalla contrapposizione tra il protagonista, un Poeta ormai avanti negli (Gullotta) e il Ragazzo, suo convivente (Franceschini). L’incontro laddove osserviamo i due personaggi, quasi come in un gioco infantile, immaginare il divano della casa come se fosse una barca che solca i mari, in cui il Poeta rievoca episodi del suo passato, come quello in cui appare Gary Cooper, quello dell’illustre ecologo in festa, o quello in cui parla di una isola di nudisti. Lo scontro invece si svolge sul piano delle personalità dei due personaggi, avvertito soprattutto dal ragazzo, di animo semplice e di poche parole, che vede nell’eloquenza del letterato un’inutile e ampollosa verbosità,che gira intorno alla parola se ne compiace senza colpire la realtà delle cose; un sentimento di fastidio che crescerà durante la rappresentazione. Ma non è il solo piano di scontro: di volta in volta il poeta si misurerà e scontrerà con i fantasmi del suo passato, eloquentemente rappresentati a video, come ologrammi, incarnanti patologie da cui egli si è allontanato, rifugiandosi nell’appartamento assieme al ragazzo. La Moglie, figura oppressiva e colma di rancori; il Maggiordomo, intrappolato in un’aristocratica e reazionaria concezione della ricchezza e dei ricchi; il Figlio, intriso di patemi piccolo-borghesi.
Incubi e contraddizioni, in cui la Parola si rivela come tutto il mondo del protagonista. Pur essendo un dramma scritto e concepito nel 1979 esso rimane vivo e riesce ancora a colpire le sensibilità degli spettatori inseriti negli anni dieci del ventunesimo secolo, grazie a un’ottima interpretazione di Gullotta: una sensazione di inquietudine che ha attraversato e attraverserà l’uomo contemporaneo.