di Marco Chiappetta
TRAMA: Ascesa e caduta di Jordan Belfort (Leonardo DiCaprio), da giovanotto ambizioso educato ai disvalori dell’era yuppie, piccolo broker alle prese con piccole truffe, a creatore dell’impero economico di Stratton Oakmont, impresa azionaria tanto illegale quanto prospera nel cuore di Wall Street: l’inizio di una vita dissoluta e opulenta, dominata dalla sudditanza alle droghe e al sesso, da lussi e vizi estremi, feste deliranti e scorribande goliardiche, in compagnia dello squinternato socio Donnie Azoff (Jonah Hill), nemmeno compromessa dal matrimonio con la bellissima Naomi (Margot Robbie) e dalla costruzione di una famiglia. Ma quando l’agente FBI Patrick Denham (Kyle Chandler) comincia a indagare su di lui e la sua cricca di broker truffaldini, l’impero scivola rovinosamente verso la decadenza.
GIUDIZIO: Ambizioso e lungo come un’epopea, il nuovo film di Martin Scorsese è un ritratto impeccabile, cinico e dissacrante del mondo di Wall Street e dell’opulenza dell’alta società, ripresa comicamente, grottescamente, in tutti i suoi aspetti deliranti e dissoluti, attraverso la vicenda (vera, ispirata alle memorie del vero Belfort) di un autentico e perfetto immorale, a cui fa seguito un fiume in piena travolgente di ellissi, situazioni, personaggi secondari, divagazioni, sempre a metà strada tra il cialtronesco e l’onirico, il tragico e il reale. È un entusiasmante, divertente, spericolato viaggio in una New York lussuosa e lussuriosa, paradisiaca e infernale a un tempo, fatta di vizi, stravizi, donne auto case yacht e cibi di classe, dove tutto è ostentato, eccessivo, oltre ogni limite di morale e ragione. Scorsese stesso li oltrepassa regalando un’opera coerente con se stessa e con il suo cinema, vicina soprattutto alle grandi epopee tragicomiche di “Quei bravi ragazzi” e soprattutto “Casinò” (con la borsa di Wall Street al posto delle case da gioco di Las Vegas), un’insolita, sorprendente commedia nera, con apici esilaranti ed effetti surreali, satirici, assolutamente esplosivi, il tutto messo in scena con una maestria che ancora oggi fa scuola, un immenso, insuperabile potere audiovisivo che dalla scelta dell’eclettica colonna musicale (onnipresente, anche solo in timido sottofondo, dall’inizio alla fine) alla nettezza di ogni immagine (favorisce la fotografia di Rodrigo Prieto) trabocca genio puro a ogni fotogramma. Kitsch, rutilante, volgarissimo (522 “fuck” pronunciati, superato il record di “Scarface”), perdonabile per qualche inevitabile ridondanza e per le sfumature di caciara che spesso assume, è, oltre il velo ironico, una visione politicamente scorretta ma onesta, senza sconti e senza retorica, di quell’orribile avida America capitalista di cui tutto il mondo, crisi o non crisi, finisce per pagare le colpe. Se ne fa portavoce e simulacro beffardo un Leonardo DiCaprio più istrionico che mai, figlio ideale (e peggiore) di Gordon Gekko e dell’American Psycho di Ellis, che parlando rivolto al pubblico con arte oratoria e sorrisi affabulatori ne guadagna subito la simpatia. Da segnalare, nel ricco cast, la splendida ventitreenne australiana Margot Robbie: ne sentiremo ancora parlare.
VOTO: 4/5