di Brando Improta
Anche l’edizione 2014 del Festival di Sanremo ha trovato la sua conclusione. Ma prima di addentrarci nel racconto della serata e nella scoperta del vincitore, diamo un’occhiata all’auditel della puntata precedente.
Venerdì, come abbiamo detto, è stata di gran lunga la miglior serata di questa 64esima edizione del Festival ma, ciò nonostante, il pubblico non è accorso. Poco più di 9 milioni nella prima parte e meno di 5 nella seconda per una media di 8.1 milioni di telespettatori ed un misero (per una manifestazione di tale portata, ss’intende) 37, 97 % di share.
Siamo sempre lì, gli ascolti più bassi dal 2008.
Il vincitore è stato proclamato, con immenso stupore, ad un orario non troppo tardo, esattamente all’una di notte (Baudo riusciva a fare anche le tre).
Sorvolando sull’ultimo appuntamento con la copertina di Pif “SanRemo e SanRomolo”, che non è stato altro che un simpatico riepilogo degli episodi precedenti (con una piccola capatina sul palco dopo la vittoria di Rocco Hunt, affogato negli abbracci dei parenti) passiamo direttamente all’inizio della serata vera e propria.
La partenza è stata sorprendente e folgorante: dalla scala al centro del palco, accompagnato dalle note del tema di “Lo chiamavano Trinità”, scende velocemente il mitico Terence Hill con una bicicletta. Vestito come il suo celebre personaggio televisivo Don Matteo, Terence si è attaccato ad una bottiglietta d’acqua per poi versarsela in testa, fra le risate generali del pubblico.
Dopo sono entrati Fabio Fazio e Luciana Littizzetto vestiti da sposi, e i tre hanno inscenato un finto matrimonio. A quasi 75 anni d’età, Hill è molto più svelto e vispo di Fazio. Lo sketch funziona, peccato che subito dopo l’attore venga congedato frettolosamente, senza manco fargli prendere l’applauso che il pubblico gli tributa.
Nella serata si sono riesibiti i 13 campioni in gara più l’escluso Riccardo Sinigallia (ma fuori concorso). Le esibizioni sono state sapientemente alternate, visto che ormai le canzoni le si conosce, da numerosi ospiti.
Dopo quattro esibizioni, infatti, è salito sul palco, armato di scudo con la scritta “Pace”, Maurizio Crozza. Il comico ha voluto chiaramente ironizzare sulla caterva di fischi che lo assalì durante la sua esibizione dell’anno scorso, nell’edizione condotta dallo stesso Fazio.
Allora, probabilmente, pagò la scelta di portare unicamente satira politica, in un periodo in cui l’argomento era particolarmente sovraesposto.
Questa volta, invece, Crozza ha saputo dimostrare di essere artista colto, misurato e con un particolare senso dell’umorismo. Il suo monologo ha visto contrapposti la grande bellezza inventata dal popolo italiano durante la sua storia ai grandi disastri del passato più recente. Crozza ha dimostrato come, inequivocabilmente, quasi tutte le grandi scoperte e le meravigliose opere del patrimonio umano siano state fatte da italiani. Per poi ironizzare su alcuni disastri famosi recenti, dalle dichiarazioni di Giovanardi sugli omosessuali a quelle di John Elkann sulla disoccupazione giovanile, fino ad un’arguta foto che metteva in confronto la pendenza della Torre di Pisa con quella del treno deragliato di Andora sospeso sulla scogliera.
Infine ha cantato, con una insospettabile potenza vocale, un’aria ispirata alla lirica sulla situazione del debito statale italiano e l’idea di vendere i patrimoni artistici. Nel complesso un’ottima esibizione, che ci restituisce Crozza nella sua interezza di attore e comico, sagace e professionale. Meno fossilizzato nella satira politica, la speranza è di vederlo più spesso in queste vesti.
Mentre la gara proseguiva, esattamente a metà, è stata la volta del primo superospite musicale: Luciano Ligabue.
Il cantautore emiliano ha proposto un medley delle sue canzoni storiche (partendo da “Certe Notti”) per arrivare al nuovo singolo “Per sempre”, tratto dall’album “Mondovisione”. È una partecipazione gradita, migliore dell’omaggio a Faber della prima serata, che culmina in una vera e propria ovazione tra il pubblico. L’unica nota stonata è l’imbarazzante intervista di Fazio tra una canzone ed un’altra, stentata e poco comprensibile, tant’è che Ligabue spesso non ha saputo cosa rispondere.
Per il cantautore si tratta della prima volta al Festival, quindi questo è sicuramente un merito da attribuire al conduttore e ai suoi coautori.
Finiti di esibirsi i 13 campioni in gara il televoto è stato chiuso. La procedura per stabilire la classifica finale prevede 25% televoto da casa e 50% giuria di qualità, che si vanno ad aggiungere al 25% già stabilito dal televoto nella serata di Giovedì.
Il presidente della giuria di qualità è stato Paolo Virzì, accompagnato dai seguenti membri: Giorgia Surina, Silvio Orlando, Lucia Ocone, Rocco Tanica, Paolo Jannacci, Silvia Avallone, Aldo Nove, Maranghi e Anna Tifu.
La scaletta prevede che vengano decretati i tre artisti che si disputeranno la finalissima, ovvero una riesibizione delle prime tre canzoni classificatesi e una votazione ex novo per decidere il primo posto.
Ma prima di procedere viene invitata sul palco un’altra superospite, colei che consegnerà i premi collaterali: l’icona del cinema italiano, Claudia Cardinale.
La diva è ovviamente avanti con gli anni, ma conserva una freschezza e una simpatia uniche (“Da ragazzina ero un maschiaccio, facevo a pugni con i ragazzi!”). Oltre alla modestia che mostra nel rispondere alle domande di rito di Fazio, è proprietaria di una risata allegra e spontanea, che le si sprigiona ogni qualvolta la Littizzetto piazzi una battuta o sia lei stessa farne una.
È, inoltre, l’unica a mettere apposto la Luciana dicendole, dopo una battuta poco felice: “Guarda che ti do i pugni eh”, e giù di nuovo a ridacchiare, senza presunzione e senza sguaiatezza.
Vengono quindi consegnati i vari riconoscimenti: il premio della sala stampa Lucio Dalla va ai Perturbazione per il brano “L’unica”; Cristiano De Andrè porta invece a casa il premio Mia Martini per “Invisibili”, la canzone che era stata scartata al televoto della prima serata.
I voti per stabilire il terzetto della finalissima devono ancora essere cesellati per bene, così arriva l’ultimo ospite della serata: il cantautore belga d’origne ruandese Stromae.
La sua canzone “Formidable” è pregevole, ma è soprattutto l’interpretazione a lasciare il segno. Il giovane artista, infatti, si muove e gesticola come un ubriaco, visto che nel testo si parla di un ragazzo sbronzo per amore. Molto bravo.
Dopo di lui, canta Riccardo Sinigallia, escluso dalla competizione (il suo brano non era del tutto inedito) ma ugualmente invitato sul palco.
Finalmente è il momento di conoscere il terzetto che tornerà ad essere votato per la finalissima.
Abbastanza a sorpresa, si tratta di Arisa, Renzo Rubino e Raphael Gualazzi con The Bloody Beetroots. C’è speranza che vengano premiate canzoni meno frivole e facili.
I tre finalisti rieseguono i loro brani. Il televoto si riapre. La giuria torna a votare.
Prima di conoscere il vincitore di questa edizione, vengono chiamati sul palco, per esibirsi in un piccolo estratto dai loro brani, gli 8 partecipanti della categoria Nuove Proposte (vinta da Rocco Hunt con “Nu Juorno Buono”). È quindi giunto il supplizio inatteso: bisogna riascoltare Diodato che cerca la sua Babilonia.
Finalmente c’è lo stop al televoto e la giuria ha deciso. Ma c’è ancora un altro riconoscimento da consegnare. Si chiama dell’appena istituito premio per il miglior testo dedicato al paroliere Sergio Bardotti. Il vincitore è ancora una volta Cristiano De Andrè per “Invisibili”.
I tre finalisti vengono chiamati sul palco. Si apre la busta.
La vincitrice della 64esima edizione del Festival di Sanremo è Arisa, con il brano “Controvento”. Al secondo posto Gualazzi e Bloody Beetroots con “Liberi o no”, al terzo Renzo Rubino con “ Ora”.
Arisa si riesibisce con il brano vincitore e viene data la fatidica buonanotte.
Si può dire che la serata, insieme a quella precedente, è stata sicuramente più emozionante e disinvolta delle altre. Questo grosso miglioramento non corrisponderà, probabilmente, ad una crescita sostanziale degli ascolti. Il pasticcio è stato ormai compiuto dalle prime tre serate, piuttosto noiose, la prima in particolare, ed il pubblico è chiaramente stufo di una formula che si è ripetuta invariata dopo l’edizione 2013.
Il podio finale sorprende, per il piazzamento ai vertici di due buoni artisti come Gualazzi e Rubino, coraggiosi nello sperimentare sound sostanzialmente alieni al palco dell’Ariston. Rimane tuttavia l’amaro in bocca per la vittoria di Arisa che, come detto abbondantemente, non ha presentato un buon brano, fiacco sotto ogni punto di vista.
Gli ospiti di questa sera sono stati tutti ben giostrati, anche quelli che potevano sembrare più azzardati (vedi Terence Hill o il contestato Crozza), ma la conduzione della coppia Fazio-Littizzetto è sembrata ancora più incolore che nelle precedenti puntate. A pesare è sicuramente lo stress accumulato in seguito alle critiche e agli ascolti pericolosamente bassi.
È partito già il toto-conduttore per l’edizione 2015. Se in un primo momento, infatti, il direttore di RaiUno Giancarlo Leone, aveva espresso il desiderio di riavere Fabio Fazio sul palco dell’Ariston per la terza volta consecutiva, in seguito alla débâcle dell’auditel, ha cambiato repentinamente idea.
Si fa insistentemente il nome di Carlo Conti (che sarebbe alla sua prima esperienza nella città dei fiori), ma a viale Mazzini sognano anche Fiorello, mentre molti insider pronosticano la venuta del salvatore Paolo Bonolis. Salvatore perché già nel 2005 e nel 2009 era stato convocato come conduttore e direttore artistico dopo due edizioni che avevano lasciato la manifestazione a brache calate e in debito d’ossigeno d’ascolti, riportando il tutto a vette elevate.
Staremo a vedere.
Perché, che piaccia o meno, Sanremo continuerà.