di Mattia Papa
Il governo Renzi nasce. In maniera becera, arrogante e non senza favoritismi di pregiudicati. Si immaginano splendide prospettive. Il Matteo I, lo hanno chiamato. L’Espresso addirittura titola così il nuovo numero in edicola, con tanto di copertina in cui si figura il rottamatore al posto di Napoleone nel famoso quadro di Jacques-Louis David. Tutti lo criticano e al contempo tutti si trattengono dal sentenziare la condanna definitiva, quella che – per non divenire ipocriti – non si può ancora dire per poi rimangiarsela: bisogna prima aspettare che sbagli. Eppure Renzi ha già sbagliato, sbagliato grosso. Si è forse troppo pignoli nel voler definire “errore” l’aver destituito Letta per formare l’ennesimo governo di palazzo? Certo, se il dribbling alla democrazia compiuto dal segretario del maggior partito di sinistra d’Italia (tale almeno si predica) non è da considerarsi già di per sé un errore, probabilmente la bussola delle macchine da guerra mediatiche della stessa sinistra – la Repubblica e l’Espresso – è persa. Difatti, nessuno di questi sa come parlare dell’ex-sindaco, ma non perché non vi siano chiari segni di ciò che di fatto già rappresenta il governo Renzi o perché il segretario del Pd non ne abbia già dette di belle o ancora perché in effetti si corre troppo e nella fretta non si sono ben chiarite le fila che muovono e che vengono mosse dal nuovo governo. È più un calcolo personale. Difatti, senza le critiche per gli eventuali incontri renziani con Berlusconi, non sanno che dire se non costruire – attraverso un accurato lavoro di finta non-adesione – le sagome e i nuovi valori nel centro-sinistra e dell’Italia radical-chic, sempre stata fondamentalmente più di destra che di sinistra.
Negli ultimi trent’anni, diciamo con un’approssimazione, si è confuso infatti il radical-chic con la sinistra, la civiltà e il rispetto verso il prossimo per il comunismo, il prodigarsi verso il sociale per un profondo sentimento di libertà. In realtà, si è sempre e soltanto parlato per costruire immagini affinché il potere potesse agire per strade altre, nascoste. Tutto ciò che ci circonda è ideologia, della più terrificante possibile: quella dell’invisibile che sa di essere malsana, figlia della degenerazione, ma che continua il suo percorso perché l’unico sui intento è il poter arricchirsi, e non l’arricchirsi effettivo per riempirsi il conto in banca. È un gioco di potere in un perenne lanciarsi nel futuro e lasciandosi sfuggire il presente. Lotte, battaglie, immagini e parole che servono per riempire gli spazi, annebbiare la mente, far credere che qualcosa sta effettivamente succedendo. Citando il Deleuze del “Foucault”, “come Nietzsche aveva già visto, esse non costituiscono la lotta delle forze, sono soltanto la polvere sollevata dalla lotta”. La battaglia si svolge altrove.
E basta leggere (anche online) gli articoli di giornali improntati effettivamente a sinistra (o almeno che ci provano) per capire dove sta andando il governo Renzi, il Matteo I e così via. Su Micromega, ad esempio, riportando un articolo scritto su sbilanciamoci.info di Mario Pianta, si delineano i quattro punti fondamentali della politica economica di Renzi: Il legame spudorato con la finanza internazionale; la diretta approvazione dall’alto (“dalle banche a Mediaset, dall’energia alle telecomunicazioni, Confindustria e le piccole imprese con l’acqua alla gola, scivolando nel ceto medio impoverito”); il populismo; il consenso dal basso. Poiché così come vuole ancora una volta Deleuze nel libro su citato, il potere deriva sempre dal basso: non è il livello più alto della scala, bensì la scala stessa. Il rapporto tra le forze che perennemente mutano nel loro entrare in relazione tra loro e che determinano così le “stratificazioni” che noi oggi amiamo chiamare Storia, sono la base, appunto il basso da cui ogni dinamica politico-economica e sociale muove. Il mondo è una rete di potere. Sia chiaro, nessuno può possedere il Potere, in particolare al giorno d’oggi dove esso è decentrato e delocalizzato. Scrive Deleuze: “Se lo si considera astrattamente, il potere certamente non vede e non parla. È una talpa che si riconosce solo attraverso la sua rete di gallerie, le sue molteplici tane: esso ‘si esercita a partire da innumerevoli punti’, ‘viene dal basso’. Ma, proprio in quanto il potere stesso non parla e non vede, fa vedere e parlare”.
Si può allora guardare al ruolo dei grandi giornali della pseudo-sinistra come l’essere nient’altro che i detentori della forza che determina il valore delle cose e che quindi spiana il campo alla venuta proprio di quel populismo di cui poi si dichiarano nemici giurati. È sempre una questione di interesse economico, ma soprattutto – come si diceva prima – di potere, di poter decidere le sorti di un governo e dei prossimi cinquant’anni di una nazione (nazione che rappresenta uno tra i poli fondamentali dell’Ue): un potere sull’influenza e gestione della vita, quella che viene chiamata bio-politica e che agisce in particolare attraverso la comunicazione di cui loro non sono neanche i leader indiscussi (cosa si dovrebbe allora dire sui social network)?
Resta però che ogni trasmissione o telegiornale che prova a dare nuova voce e a dire quel che si muove sotto la sovrastruttura, cede poi al fascino del potere – ammesso che non facesse parte proprio di una di quelle strategie per accattivare l’audience e divenire poi strumento di una lotta che potremmo definire contro la verità e la libertà. Lo stesso acclamato filosofo Massimo Cacciari – molto più fine del Ferrara di turno pro Berlusconi – appoggia Renzi (così come appoggiò Monti) mascherando il suo giudizio (in un articolo sull’Espresso) come quasi necessario. In fondo, da un profondo studioso di Hegel quali Cacciari è, cosa si poteva aspettare se non un pro-politica di sistema? Eppure c’era anche lui tra le fila del PCI.
Ci muoviamo in quell’orizzonte in cui il capitalismo ha vinto e la lotta ad esso è da esso stesso gestita, manovrata, sfruttata. L’uomo è cancellato. Pare davvero così incredibilmente assurdo il mondo del capitale, al punto da sembrare impossibile potervi aderire o mettersi le mani davanti agli occhi una volta che si è intravisto quel che c’è dietro, oltre il muro. E le risposte e le nuove domande non sono molto lontane. Bastano pochi click sul sito giusto e un piccolo investimento in testi di chi ci ha provato a guardare tutto in maniera diversa. Non bisogna aderirvi necessariamente, ma è doveroso sapere che c’è chi pensa e ha pensato che tutto il mondo sia una finzione. Importante è capire il perché.
Cosa dire allora del rapporto tra la Sinistra e Matteo Renzi, la Repubblica, LA7, Rai 3 e così via? Ha come al solito espresso il tutto al meglio Altan in una delle sue ultime vignette in cui due suoi comuni personaggi, discutendo di politica, esprimono il classico cinismo pregno di verità. Dice l’uno “Io sono di sinistra”; l’altro: “Ah! E da cosa l’hai capito?”. Non pare vi siano parametri plausibili per definirsi oggi di sinistra. E quelli che ci sono, si sono nascosti molto bene.