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“Piccola storia di una bugia fuori moda”, Greenpeace attacca i brand d’alta moda: sostanze chimiche pericolose nell’abbigliamento

Schermata 2014-03-20 a 09.39.49di Gennaro Di Domenico

Nel Febbraio 2013, l’associazione ambientalista diretta da Kumi Naidoo Greenpeace pubblicava un dossier dal titolo “Toxic Threads: The Big Fashion Stitch-Up”, in cui si analizzava la presenza di sostanze chimiche pericolose presenti nei capi d’abbigliamento delle catene di alta moda.
A distanza di un anno, Greenpeace torna sul problema con una nuova ricerca, che rileva una vasta gamma di sostanze chimiche pericolose in capi di abbigliamento e calzature per bambini prodotti da otto marchi dell’Alta moda. Lo studio fa seguito a diversi approfondimenti precedenti condotti da Greenpeace come parte della campagna Detox.
Questo è il primo studio svolto da Greenpeace in cui i prodotti sono stati tutti realizzati da grandi marchi dell’Alta moda. Gli otto brand testati sono: Dior, Dolce & Gabbana, Giorgio Armani, Hermes, Louis Vuitton, Marc Jacobs, Trussardi e Versace.
Si tratta di ventisette prodotti analizzati (prevalentemente articoli di abbigliamento, eccetto un costume da bagno e cinque articoli di calzature) acquistati tra Maggio e Giugno 2013 dai negozi monomarca o da altri negozi che sono rivenditori autorizzati dal brand. La maggior parte sono stati acquistati in Italia (undici prodotti) e Francia (quattro), seguite da Cina (tre), Hong Kong, Russia e Svizzera (due ciascuno), Danimarca, Taiwan e Regno Unito (uno ciascuno). I Paesi di produzione sono innanzi tutto l’Italia (dieci prodotti), seguita da Cina (quattro), Marocco (tre), Turchia (due) e Ungheria, India e Thailandia (uno ciascuno). Per cinque prodotti – due Dior, due Trussardi e uno Hermes – il paese di fabbricazione non è stato riportato sull’etichetta, segno di mancanza di trasparenza da parte dei marchi in questione. Notevole anche il numero di prodotti fabbricati in Europa, rispetto agli studi precedenti in cui la Cina e altri Paesi in via di sviluppo la facevano da padrone, sebbene il campione possa non essere rappresentativo dei prodotti d’Alta moda in generale. I prodotti sono stati inviati ai laboratori di ricerca di Greenpeace presso l’Università di Exeter in Gran Bretagna, da qui spediti poi verso laboratori indipendenti e accreditati. Tutti i prodotti sono stati analizzati per la presenza di nonilfenoli etossilati (NPEs ), alcuni esaminati anche per presenza di ftalati, composti perflorurati e polifluorurati (PFCs ), o antimonio, dove l’analisi era rilevante per il tipo di prodotti. Sedici dei 27 prodotti (59%) sono risultati positivi a una o più di queste sostanze chimich pericolose.
Inoltre, sette dei dodici prodotti contaminati con nonilfenolo etossilato sono stati etichettati “Made in Italy” e quattro di questi articoli contengono concentrazioni elevate di tale sostanza; la presenza di nonilfenoli etossilati negli articoli finiti indica che tale sostanza è stata utilizzata durante la produzione, superiore al livello di 0,1% stabilito dall’UE nel 2005.

1974624_10203484905191242_745605994_nAlte aspettative per l’alta moda: la sfida a ripulirsi. I cosiddetti livelli “accettabili” di sostanze chimiche pericolose non sono accettabili. Anzi, le principali aziende tessili che operano sul mercato globale hanno già dimostrato di avere il potenziale per arrivare all’eliminazione totale delle sostanze pericolose nel settore. I marchi dell’Alta moda, famosi per prestare più attenzione ai dettagli e alla qualità, godono di un’ottima posizione per agire come leader e impegnarsi per un’eliminazione di sostanze chimiche pericolose, entro il 1 Gennaio 2020, dando così una spinta positiva per accelerare il cambiamento, non solo in tutta la loro filiera, ma anche per il settore nel suo complesso, facendo così progressi reali verso un futuro privo di sostanze chimiche pericolose.
Greenpeace ha sfidato quindici marchi dell’Alta moda a “ripulirsi”, affrontando temi come la deforestazione e l’inquinamento delle risorse idriche, con il lancio del Fashion Duel nel mese di Febbraio 2013. Da allora, solo uno di questi marchi (Valentino) ha mostrato leadership nel settore, impegnandosi fattivamente all’eliminazione delle sostanze chimiche pericolose dalla sua produzione tessile, diventando così l’unico marchio nel Fashion Duel classificato come “buono”. Valentino è stato inoltre valutato come leader nella “Sfilata Detox” di Greenpeace per aver dato seguito alle promesse con azioni concrete. Recentemente, anche Burberry si è impegnata con Detox. Oltre a questi, nessun altro marchio dell’Alta moda si è impegnato a Detox nonostante le numerose segnalazioni di Greenpeace che mostrano come pericolosi residui chimici si trovino lungo tutta la filiera tessile nei prodotti o in parti della catena di produzione. L’esempio negativo, è dato dal brand italiano Giorgio Armani, non ancora convinto a prendere un serio impegno Detox.

Politica detox. Greenpeace insiste affinché i governi adottino un impegno politico per l’eliminazione di tutte le sostanze chimiche pericolose entro una generazione, impegno che deve basarsi sul principio di precauzione e includere un approccio preventivo che eviti la produzione, l’uso e il rilascio di sostanze chimiche pericolose. L’amministrazione, inoltre, secondo l’associazione, dovrebbe basarsi politiche e regolamenti che stabiliscano obiettivi a breve termine per vietare la produzione e l’uso di sostanze chimiche pericolose prioritarie, un elenco dinamico di sostanze chimiche pericolose che richiedono un’azione immediata sulla base del principio di sostituzione e un registro a disposizione del pubblico dei dati sugli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose come il registro europeo delle sostanze inquinanti (PRTR ).

Alcuni dei principali risultati emersi dal dossier stilato da Greenpeace:

• Tre dei prodotti Dior – una t-shirt, una polo e un top di maglia – contenevano rispettivamente concentrazioni di 560, 460 e 400 mg / kg di nonilfenoli. Simili concentrazioni di nonilfenoli sono state trovate in stivaletti da bambino di Hermes (380 mg / kg) e scarpe da ginnastica di camoscio di Louis Vuitton (100 mg / kg). • Perfluorocarburi (PFCs) volatili sono stati trovati in due dei cinque articoli testati per questo tipo di agenti chimici e le concentrazioni totali più elevate si trovano in una giacca impermeabile Versace (374 mcg / kg) . • PFCs ionici sono stati rilevati in tutti e cinque gli articoli testati per tale sostanza, due dei quali erano prodotti Louis Vuitton , gli altri rispettivamente di Dior, Giorgio Armani e Versace. • La più alta concentrazione di PFCS ionici è stata trovata nelle ballerine Louis Vuitton (16,9 mcg / kg totali di PFCS ionici , 31 mg / kg totali di PFCS volatili).
• Tra i PFCs ionici, il PFOA (acido perfluorottanico) – che sarà soggetto a limitazioni nel tessile in Norvegia da giugno 2014 – è stato trovato anche nella giacca impermeabile Versace e nelle ballerine Louis Vuitton, anche se in entrambi i casi a concentrazioni inferiori al limite norvegese. Il PFC volatile predominante trovato nei prodotti Versace dà anche luogo a ulteriore PFOA.
• Gli ftalati sono stati trovati in tessuto stampato plastisol contenuto in tutti gli articoli esaminati, nello specifico: due prodotti di Dior, uno di Dolce & Gabbana e due di Marc Jacobs. L’antimonio è stato anche rilevato in tutti e tre gli articoli analizzati che contenevano poliestere, nei prodotti Dolce & Gabbana, Giorgio Armani e Versace.