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La disfatta di Obama alle elezioni di metà mandato

di Giovanni d’Orso

Oggi 3 novembre 2010 è arrivata la disfatta per il capo di Stato Barack Obama alle elezioni di metà mandato. I repubblicani hanno conquistato la Camera, mentre i democratici sono riusciti a stento a mantenere la metà dei senatori. Il verdetto è chiarissimo: gli Stati Uniti, negli ultimi due anni dell’amministrazione Obama, hanno cambiato orientamento politico, e a poco a poco hanno intrapreso, un po’ per volontà propria, un po’ per costrizione, la strada che porta verso destra. La vittoria dei conservatori, fusi con i Tea Party, artefici principali della vittoria dei repubblicani, apre una porta ad una nuova visione di insieme politico, dove i due schieramenti dovranno collaborare reciprocamente e nell’interesse della collettività. Il presidente Obama dovrà scendere a patti su tutto e con tutti, in particolare in materia di stimoli fiscali e di deficit. Oltre ad aver perso senatori e parlamentari, Obama ed i democratici hanno perso anche dieci stati, sostituiti dai governatori conservatori tra cui: l’Iowa con Terry Branstad, il Kansas con Sam Brownback, il Michigan con Rick Snyder, il New Mexico con Susana Martinez, l’Ohio con John Kasich, l’Oklahoma con Mary Fallin, il Pennsylvania con Tom Corbett, il Tennessee con Bill Haslam, il Wisconsin con Scott Walker e l’Wyoming con Matt Mead. I democratici hanno invece conquistato la California, con la vittoria di Jerry Brown. In tutto, i repubblicani hanno vinto in 37 distretti, strappandone almeno 10 al partito di Obama. Insomma, i democratici barcollano ma non mollano. Obama può così guardare con più serenità la situazione tra Camera e Senato. Quest’ultimo ha già convocato il leader della nuova maggioranza, John Boehner, per complimentarsi con lui e, come dice una nota della Casa Bianca, per «discutere di come lavorare insieme per concentrarsi sulle principali priorità degli americani», che Boehner ha individuato nella creazione di posti di lavoro e nel taglio delle spese. Restano ancora da assegnare tre seggi per il Senato. Nello Stato di Washington, l’uscente Patty Murray per i democratici è al 50%, con un distacco di circa 14 mila voti dallo sfidante repubblicano Dino Rossi. In Colorado, il testa a testa è tra Ken Buck, repubblicano, e l’uscente Michael Bennet per i democratici: il distacco è di circa 7.000 voti, e varia di minuto in minuto. Il Tea Party riesce a eleggere due candidati: Rand Paul (figlio del due volte candidato alla presidenza Ron Paul) in Kentucky e la stella Marco Rubio che ha superato l’indipendente Charlie Christ nella corsa alla scranno in Florida. In Delaware, invece, la candidata del Tea Party Christine O’Donnell non ce l’ha fatta a conquistare il seggio che era del vicepresidente Joe Biden: ha vinto con ampio vantaggio il democratico Christopher Coons. Il presidente Obama ha parlato alla nazione alle ore 18:00 (ora italiana) in diretta da Washington, illustrando ai giornalisti quanto è accaduto alle elezioni, addossandosi le colpe dell’accaduto ed ha dichiarato “Senza ombra di dubbio collaboreremo con i repubblicani” . Inoltre, ha parlato degli obbiettivi del nuovo governo bipartisan dichiarando “ La riforma sanitaria non si tocca, ma sono pronto a discutere nuove idee. Il lavoro è la priorità assoluta insieme alla diminuzione delle tasse e alla crescita economica del paese”. Inoltre, il presidente svela di aver firmato decreti che andavano contro il suo pensiero e che comprende e compatisce il popolo americano, definendolo represso dalla crisi economica che ancora oggi incombe sugli stati uniti. Aggiunge: “Abbiamo bisogno di un rilancio nel commercio da parte delle nostre aziende, cercheremo di incentivarle all’export di beni e servizi in Asia e nei paesi dell’est”. Conclude con “Sono fiducioso sul decorso di questa nuova leadership e sono convinto che il rapporto tra me e il popolo americano si stringerà maggiormente”. Ci aspettiamo un progresso ed un cambiamento radicale nell’economia del paese, sarà compito della nuova amministrazione non deludere le aspettative dei votanti repubblicani e dei democratici che ancora credono nei principi per cui votarono a suo tempo l’odierno presidente Barack Obama.