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Spunta la bozza del decreto Irpef. E anche Renzi cade nel nome dei tagli all’Università

governo_renzi_stefania_giannini_800_800di Mattia Papa

Una prova in cui tutti i governi che si sono susseguiti nel corso degli anni hanno amaramente fallito è stata la riforma dell’Università e della Scuola Pubblica, insieme ai diversi provvedimenti finanziari che hanno visto tagliare sempre più i finanziamenti alla Ricerca scientifica italiana. A Palazzo Chigi, qualche giorno fa, è stata rilasciata la bozza del DL sulla Spending Review (art. 50 comma 6). Il testo parla chiaro: si sottrarranno 30 milioni al Fondo di finanziamento ordinario delle università per il 2014 (oggi intorno ai 7 miliardi di euro) e 45 milioni per ogni anno a partire dal 2015. Sembra palese la volontà politica di affossare definitivamente il sistema dell’Università e della Ricerca. Anche il Renzi I, quindi, è bocciato. E non valgono giustificazioni sulle larghe intese: i tagli all’Istruzione pubblica indicano un chiaro atteggiamento destrorso e classista, propenso ad un conservatorismo culturale e lobbistico della classe dirigente. O meglio: della classe dominante.
Non di certo la stima né tantomeno la fiducia hanno accompagnato la nascita del governo Renzi. Non si intravedevano intenzioni felici, né cambiamenti di rotta rispetto ai governi precedenti. Segnali? Certo la nomina a Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di Stefania Giannini non prospettava gloriose rivoluzioni in ambito dell’Istruzione pubblica. Ex rettore della Università per stranieri di Perugia ed eletta con Scelta Civica, il Ministro Giannini è l’espressione chiara delle volontà del Governo sull’Istruzione, rientrando in quell’albo di accademici per cui l’istruzione è un valore aggiunto per le classi meno ambienti e resta un ‘affare’ per pochi: eletta senatrice nella lista ‘Con Monti per l’Italia’, è la segretaria di Scelta Civica e coordinatrice politica del partito. Presidente della delegazione parlamentare italiana presso l’Assemblea parlamentare dell’Iniziativa Centro Europea, è infine diventata Ministro per il governo Renzi il 22 Febbraio scorso. La Giannini è tra le maggiori voci in capitolo riguardo le università italiane: dal 2005 al 2009 è stata rappresentante per l’Italia nel Comitato di Selezione del programma Erasmus Mundus presso la Commissione Europea; dal 2006 è anche membro del Comitato di presidenza della conferenza dei rettori delle università italiane. È dal 2009 membro del Tavolo Interministeriale per la cooperazione allo sviluppo presso la Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri e membro del Comitato di orientamento strategico per le relazioni scientifiche e culturali fra Italia e Francia. Nel 2010, inoltre, diventa presidente della Società Italiana di Glottologia. Il ministro di certo non ha il curriculum di chi crede che il sistema debba essere cambiato. Ma potevano essere cattivi pensieri e malizie, fino a qualche giorno fa.
Il governo Renzi corre, sperando probabilmente che nella corsa tutti i dolorosi provvedimenti non sembrino poi così terminali, così simili alle politiche dell’ultimo ventennio. Così poco concentrate verso il sociale, verso l’interesse pubblico e verso ogni singolo cittadino, quanto preparate sulle privatizzazioni e sull’impoverimento delle solite maglie sociali, già sull’orlo della disperazione economica e psicologica.

renzi-giannini-640Sono post-ideologici, i nuovi politici. La post-ideologia è, di fatto, l’ultima moda. La loro linea è unica: far cadere ogni distinzione in ogni ambito, lasciando così che tutto possa esser alla portata di tutti. Popolazioni ibride sotto qualunque forma di sapere, azione e cultura. Annullare le differenze spacciando tutto ciò per democrazia e non dicendo quanto invece si perda delle identità culturali facendone un unico calderone. Ma soprattutto quanto di queste non si perde, nonostante siano occultate dietro il velo dell’indiscriminata uguaglianza. Un’immagine di libertà, ossia una pura mistificazione della perdita di punti di riferimento, prospettive e spirito critico. Indebolimento del pensiero. Non è il non-essere distinti che crea democrazia; ma il rispetto di tutte le parti e l’assenza di odio verso il diverso da sé per la comprensione delle ragioni e della cultura altrui. Si tratta di non abolire i tratti distintivi di ogni singolo, creando un unico gregge da dover guidare con falsi messaggi e apparenze mediatiche. Quella che oggi è la linea politica del Pd, è una politica di abolizione delle differenze, e non il loro superamento.
Cosa distingue Renzi e il Pd, dal Berlusconi dell’ultimo ventennio, o dal post-ideologismo mascherato da anarchismo di Grillo e dei 5S? E poi, di quali elettori riportano le intenzioni? Si può ancora parlare di democrazia, all’ennesimo governo ‘di palazzo’? Siamo all’ultima tappa della rappresentanza malata e di classe, forse? Un fascismo mascherato – in maniera mirabile, più del precedente – che finalmente cancella ogni libertà e controlla ogni maglia della società millantando invece libertà e innovazione, eguaglianza e democrazia? In questo senso ha senso pensare che “lo stato è il regalo avvelenato della liberazione nazionale”.

Stefania Giannini, ministri dell'Istruzione

Stefania Giannini, ministri dell’Istruzione

La dimensione del diverso è una dimensione artificiale, costruita intorno ad una particolare caratterizzazione di un gruppo ristretto di uomini che escludeva ogni altra, e che grazie alla forza e a cause ben determinate storicamente ha avuto la meglio su ciò che definiva diverso. Non bisogna andare troppo lontano con i pensieri per spiegare allora lo sfruttamento, la schiavitù, le guerre (ancora esistenti, benché fuori dall’Europa e quindi dalla Storia perché fuori dalla storia della classe dominante).
Una dialettica del negativo che guarda all’altro ma che dell’altro necessita, poiché senza esso non saprebbe giustificarsi e identificarsi: ci siamo persi nell’identificare noi stessi negando il prossimo e non cercandoci attraverso le cose, insieme agli altri (e non in opposizione o nell’altro). Prima gli europei, poi gli americani. Dall’altro lato, gli altri. Ma ‘altri’ chi?

Sembra strano ora chiedersi il perché tanto clamore per le elezioni europee? O forse diventa più semplice riquadrare tutto in un sentore di un certo collaborare delle parti al potere per interessi economici che tagliano fuori (e sempre lo fanno) i ‘più’ attraverso l’involgarimento e l’informazione alienante nei confronti di uno spirito critico che renderebbe davvero liberi gli uomini, poiché consapevoli?
Dulcis in fundo, tra le candidature alle elezioni europee spuntano nomi emeriti come il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi, il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, la deputata Pd Simona Bonafé, il segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini, la Capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei Deputati Giorgia Meloni. E indovinate un po’ chi anche si è candidata alle elezioni europee con un gruppo chiamato Scelta Europea? Proprio il Ministro alla Pubblica Istruzione Stefania Giannini. E allora sì, tutto quadra. Davvero.