TRAMA: Sandra (Marion Cotillard), appena uscita da un periodo di depressione, rischia di perdere il lavoro a causa di una riduzione del personale. Ha solo un weekend di tempo per convincere i suoi sedici colleghi a rinunciare al bonus di mille euro che l’azienda garantisce loro in caso del suo licenziamento. Trovando la forza nella disperazione e nell’amore del marito Manu (Fabrizio Rongione), Sandra va di porta in porta, di casa in casa, alla ricerca di una seconda chance, confrontandosi con un mondo ora egoista, ora solidale, ora indifferente.
GIUDIZIO: Rifiutando ancora una volta le tentazioni del cinema classico, il montaggio e la musica, i fratelli Dardenne realizzano un film estremamente realista, intimo, essenziale, la cui grande tensione drammatica nasce dalla poetica magistrale del piano-sequenza (con la tipica camera a spalla appiccicata ai personaggi), nel gioco delle ripetizioni (battute, situazioni che ritornano come leit-motiv) e nell’arte degli attori, caratteri vivi, spontanei, con un’anima e una fragilità impressionanti. Filtro di un cinema raro, diverso, perpetuato da anni con successo, l’occhio dei due fratelli belgi inquadra un microcosmo, la cittadina di Seraing, come il teatro dell’umanità: opportunista, materialista, eppure non di rado aperta alla grazia e all’empatia. Lo sguardo è cupo fino alla fine, ma ogni tanto una luce irradia l’itinerario tragico e dolente della sua immensa protagonista, una Marion Cotillard fragile, meravigliosamente sottotono, incarnazione della dignità, del coraggio e della disperazione. I fratelli Dardenne non sono mai tornati a mani vuote da Cannes, e c’è da scommettere che non accadrà nemmeno questa volta.
VOTO: 3,5/5
Home » Cinema, Festival di Cannes 2014, News, Spettacolo » “Due giorni, una notte”: Marion Cotillard al servizio del cinema sociale dei fratelli Dardenne