Nel trentennale della morte di Eduardo De Filippo, nello spazio che fu il ‘tempio’ del suo teatro, il San Ferdinando, è andato in scena il secondo appuntamento del calendario del Napoli Teatro Festival Italia, la commedia del 1960 Il sindaco del rione Sanità, parte della raccolta Cantata dei giorni dispari. Spettacolo diretto da Marco Sciaccaluga, nella sua prima direzione di un lavoro del corpus eduardiano, esso è una coproduzione Teatro Stabile di Genova-Teatro Stabile di Napoli ed è stato finanziato con i fondi europei POR FESR 2007-2013 “La cultura come risorsa”.
Contestualizzata nella Napoli degli inizi degli anni ’60, la commedia tratta la vicenda di Don Antonio Barracano – interpretato da Eros Pagni – boss camorristico, ‘sindaco’ del Rione Sanità. Il Don incarna quella figura – di cui la storia della città è costellata – patriarcale, virile e amorevole al tempo stesso, rispettata e qualche volta addirittura venerata dal sottoproletariato urbano, per la sua capacità di sostituirsi in qualche modo allo stato, di divenire sindaco senza elezioni, grazie a una forza che non proviene dal principio di legalità, che si insinua e fa breccia in contesti in cui il potere costituito è debole e poco sentito dalla gente.
Come alla corte di Salomone infatti la gente si presenta e pone la controversia del giorno – da questioni tra guappi di quartiere a debiti irrisolti – da far risolvere a Don Antonio, il quale – una similitudine possibile nella figura di Raffaele Cutolo e i suoi riti da bella società riformata – è pienamente consapevole dell’ascendente che esercita sulle persone e si considera dunque una guida per i poveri e gli ignoranti, costantemente sotto la pressione dello stato e della legge oppressori. Nella sua attività di capofamiglia è affiancato e osteggiato allo stesso tempo dal dottor Fabio Della Ragione (Federico Vanni), medico ‘alternativo’ al pronto soccorso e suo segretario personale, il quale avverte l’insensatezza della missione salvifica del suo principale, ed è per questo fonte di contrasti tra i due. La vicenda della crisi familiare tra Rafiluccio Santaniello (Orlando Cinque), venuto per qiesto alla corte di ‘Re Antonio’, e suo padre Arturo Santaniello (Massimo Cagnina) che lo ha diseredato e cacciato di casa per la relazione con Rituccia (Francesca De Nicolais) incinta di sette mesi, metterà in discussione il progetto del protagonista, di un mondo che sia “un po’ meno rotondo e un po’ più quadrato”.
L’azione si è svolta su di un piano in legno, inclinato verso il pubblico, su cui le scene di Guido Fiorato hanno riprodotto l’arredamento tipico di una casa signorile di metà Novecento, e con un interessante espediente Sandro Sussi ha creato la sensazione della luce naturale: luci laterali, calde e filtrate da ‘persiane’ modulate a seconda delle esigenze sceniche.
L’opera si inserisce in quel filone, individuato appunto dalla raccolta ‘dei giorni dispari’, in cui a prevalere è un pessimismo di fondo nella visione dei rapporti umani e sociali, in cui si osserva la disgregazione della famiglia tradizionale e l’ingiustizia verso i più sfortunati, contrapposto ai toni farseschi e leggeri della raccolta ‘dei giorni pari’.
Lo spettacolo è stato salutato con grande calore dal pubblico, con un apprezzamento – esternato con una standing ovation – particolare alla magistrale performance attoriale di Eros Pagni, capace di rendere in modo assolutamente credibile e carismatico una figura così complessa della napoletanità.