di Stefano Santos
Alla Galleria Toledo, nel cuore dei Quartieri Spagnoli, è andato in scena il quarto appuntamento del Focus del Napoli Teatro Festival su Anton Cechov, il secondo riguardante Zio Vanja – adesso intitolato Un Vania, con la regia dell’argentino Marcelo Savignone. Già dal titolo si può intuire una volontà di deviare dal canone incarnato dal precedente adattamento di Konchalovskij, nel segno di uno stile comune a molti altri registi argentini della sua generazione, come Claudio Tolcachir e Romina Paula – incontrati già nel focus argentino dell’edizione 2012 – dominato dalla rappresentazione della vita quotidiana e dalla leggerezza della messinscena. Infatti si assiste in questo adattamento a un Zio Vanja ristretto, quasi essenziale nella trattazione degli eventi, il quale però viene velocizzato, reso vivace da una sequenza continua di intermezzi musicali e coreografie, rapidi e sfuggenti spazi di intima riflessione – i lumi di candela che a intermittenza illuminano le coppie rimaste al buio per la tempesta – momenti in cui il cast si trasforma in una masnada che si mette a correre per il palcoscenico, tra la scenografia curata da Lina Boselli.
La lingua dei personaggi non è più il russo, quanto il castigliano nativo di Savignone – che qui interpreta un Vania vulcanico – e della sua compagnia Belisarias; e ciò impone uno spostamento dalla traslitterazione scientifica degli originali nomi in cirillico alla loro iberizzazione e l’applicazione delle cadenze spagnoleggianti, come Telegin reso in Teleguin (interpretato da Pedro Risi), il Schopen’g’auer russo trasformato in Schopen’j’auer. Non più Дядя Ваня, quanto Tio Vania, ripetuto da Sonia (Maria Florencia Alvarez). Anche il tono generale in cui il cast interpreta i personaggi appare cambiare, divenendo più acuto di almeno un’ottava nella trasposizione argentina, con figure più sottotono come la Madre (Merceditas Elordi) e Telegin che sembrano acquistare un maggior peso nell’economia della rappresentazione, maggiore mobilità, una maggiore giocosità. Lo stesso Vania appare più vivace, sia quando egli perde le staffe, quando egli si mette a giocare come un bambino con Telegin o il dottor Astrov (Luciano Cohen), sia quando egli esprime tutto il suo pentimento e la sua tristezza nel recriminare l’occasione perduta con Elena (Paulina Torres).
L’unico a essere statico è il Professor Serebrijakov, cosa inevitabile essendo interpretato da un manichino, il quale pare farsi carico della passività che in generale domina la vicende delle persone che lo circondano, un immobilismo che vuole sfuggire alla morte e per questo deve per forza sfuggire dalla vita.