di Roberto P. Ormanni
NAPOLI – Il sole mattutino è caldo e la puzza che c’è nell’aria entra con prepotenza nei polmoni. La carreggiata di via del Parco Margherita è invasa di rifiuti. Dopo la Riviera di Chiaia, anche nella strada che sale da Piazza Amedeo fino al Corso Vittorio Emanuele la rabbia dei residenti è esplosa. Due cassonetti rovesciati, altri due già circondati da giorni da sacchetti ammonticchiati.
Il signor Antonio, proprietario della tabaccheria di fronte le pattumiere, spiega che non riesce più a tollerare lo stato delle cose: “Questa situazione è diventata insopportabile” dice “La puzza arriva fino a dentro il negozio. Ieri qui dentro volavano le mosche”. E da qui il suo gesto: ribaltare i cassonetti disperdendo lo sporco per strada: l’unico modo per fare arrivare i camion di raccolta, da giorni irreperibili.
“Ringraziamo la politica per questo” urla Antonio indicando il cumolo di sacchetti “La discarica di Giugliano, da dove vengo, è satura e così portano tutti qui: praticamente mastico monnezza dalla mattina alla sera”.
La sua voce, così, diventa il grido civile di un’intera città allo stremo, di una terra avvelenata che non riesce più a resistere. E oggi, proprio durante la chiusura di campagna elettorale per le imminenti votazioni a sindaco, tra la visita di Silvio Berlusconi e i comizi sparsi per la città, da sotto la spazzatura non può che riemergere la riflessione politica: “Sono trent’anni che si sversa e io mi chiedo: le istituzioni vogliono fare qualcosa di concreto?” insiste Antonio “Mangiano sulle spalle di chi li vota, è questa la verità. Allora io vorrei dire a tutti: non andate a votare. Annullate la scheda”.
Una scelta drastica, estrema, forse controproducente, ma le promesse fatte dai governanti sembrano sempre più lontane e i pochi provvedimenti presi non sono mai bastati. L’esercito mandato dal Governo può spostare dai marciapiedi i sacchetti per qualche giorno, ma il ciclo dei rifiuti campano è del tutto assente dal 1994, anno del primo commissariamento. L’emergenza è ormai un dato fisiologico.
“Facciamo venire i controllori tedeschi o svizzeri a governarci, almeno per quattro o cinque anni”, è la provocazione lanciata con amarezza da Antonio “I napoletani non sanno fare niente, forse la Lega Nord ha ragione”. La rabbia che si muove nei suoi occhi è autentico furore. “Ora rischio una denuncia? Non mi importa, non so per cosa mi potrebbero denunciare. Insozzamento stradale? Beh, lo hanno fatto loro per trent’anni” sostiene Antonio prima di salutarmi.
La monnezza sta bruciando e Napoli assieme a lei appare un inferno. Il tempo dell’attesa e della fiducia, questa volta, sembra essere finito. I cittadini vogliono risposte, la loro sopportazione si è esaurita. Nessuno riesce più a vedere la propria terra stuprata in questo modo.