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Napoli, il presidio Libera Vomero-Arenella intitolato a Cimminiello e Birladeanu: “Tenere viva la memoria e la coscienza critica del territorio”

Intitolazione presidio Vomero-Arenella

foto di Stefano Santos
di Stefano Santos

Sullo spiazzo antistante la fermata del Vomero della funicolare di Montesanto, dove le scale di via Scarlatti si intersecano con via Morghen, il 7 Maggio si è radunato un gruppo nutrito di persone – per la maggior parte composte da ragazzi accompagnati dai docenti – disposte a semicerchio, intente ad ascoltare chi al momento sta prendendo la parola. Naturalmente, un assembramento simile non passa inosservato: diversi passanti girano lo sguardo incuriositi, e una signora anziana si avvicina, chiedendo di quale comizio si tratti. Non si tratta di un comizio, la corregge una ragazza che assiste. Si tratta dell’intitolazione del Presidio di Libera Vomero-Arenella, le viene spiegato, impegnato contro la criminalità organizzata – e non si può non notare una certa vena di scetticismo negli occhi della signora.

Intanto l’incontro spontaneo continua e gli occhi sono fissi verso Ilaria Giugni, membro del presidio, che spiega i motivi che hanno portato alla scelta, per il presidio del quartiere collinare, di due nomi apparentemente così distanti – Gianluca Cimminiello e Petru Birladeanu. Un’enorme difficoltà, data dalla lunghezza – purtroppo – della lista di persone vittime della criminalità organizzata e dalla estrema varietà di storie umane e di sentimenti dietro a questi visi.
Anche in questo caso ci sono due strade diverse intraprese: il primo ambizioso tatuatore professionista, vittima designata dei clan per un capriccio di un concorrente; il secondo, artista di strada, vittima casuale delle dispute dei clan e della indifferenza. Ad accomunarli però era il loro essere, in un modo o nell’altro, artisti. Comune è anche il desiderio di mantenere viva la loro memoria – senza fare alcuna distinzione gerarchica delle circostanze della loro morte – attraverso una presenza attiva sul territorio che si faccia motore del cambiamento attraverso gesti quotidiani.
Tutto ciò in un contesto, quello del Vomero, che non può più definirsi un’isola felice e immune nella città.
Da quel momento, la manifestazione si articolerà in due momenti successivi, dedicato rispettivamente a Gianluca – al Vomero – e Petru – alla fermata della funicolare di Montesanto dove morì.

Per Gianluca parla sua sorella, Susy Cimminiello, stimolata poi dalle domande dei piccoli partecipanti, su impulso di Gianmario Siani, nipote di Giancarlo. La sua prima volontà è che la memoria di suo fratello non sia accostata unicamente all’immagine del ‘tatuatore dei calciatori’ o di ‘quello con la foto di Lavezzi’. Piuttosto desidera che la sua figura venga ricostruita in tutte le sue sfaccettature, ora che lei stessa è riuscita ad instaurare un rapporto più vicino con il fratello, dopo la sua morte. Come quella di appassionato di arti marziali – per questo il giorno prima fu ricordato allo Star Judo Club di Gianni Maddaloni a Scampia. Come persona dotata di integrità e onestà, che l’aveva portato a trasferirsi da Capodichino a Casavatore per sfuggire alle pressioni e alla prepotenza della criminalità locale. E che fu uno dei fattori per cui il suo omicidio venne deliberato dal clan: una reazione verso coloro che entrarono nel suo studio allo scopo di intimidirlo, mossi dai timori di un concorrente, nati da una foto pubblicata su facebook che lo ritraeva insieme a Lavezzi, modificata in modo che sembrasse che stessero insieme nello studio. Un pestaggio che non avvenne anche grazie alle sue abilità nel kickboxing, che misero in fuga gli aggressori. Un affronto troppo grande, che il clan decise di far pagare con il sangue, il 2 Febbraio 2010.

Il gruppo si sfalda, e si dirige insieme verso la funicolare, con destinazione il bar che sta sotto le scale principali della fermata della cumana a Montesanto, accanto al loculo – alquanto nascosto alla vista dei passanti – che ospita la fisarmonica di Petru, con una targa a commemorarne la memoria.

Questa volta però non c’è nessun familiare: Mirela, la compagna e madre di suo figlio, è ritornata in Romania. La sua vicenda tuttavia riecheggia nelle parole di chi interviene di volta in volta. A partire da Gianluca Lamarra, membro del presidio, Geppino Fiorenza, referente regionale di Libera a Francesco Clemente, responsabile per la memoria del presidio. Morto tra l’indifferenza delle gente, a poca distanza dal Vecchio Pellegrini, e pure l’ambulanza – di cui si sente il suono, ironicamente, mentre se ne parla – impiegò trenta minuti per arrivare. Ulteriormente fatto oggetto, dopo la sua morte, di insinuazioni legate a un suo presunto coinvolgimento, dato che uno straniero, un rom specialmente, non può essere vittima ‘per errore’, per dispute territoriali tra clan di cui probabilmente non ha mai sentito parlare. Una criminalità che non uccide solo con le pistole e la violenza, ma anche con l’indifferenza, ignoranza e omertà. Da combattere dunque anche tenendo viva la memoria nelle proprie coscienze, attraverso l’impegno civile.
L’incontro si conclude con le note di “Petru”, canzone composta dal giovane cantautore napoletano Roberto P. Ormanni.

Da segnalare inoltre la presenza silenziosa, ma non meno significativa di diversi familiari di vittime della criminalità organizzata: Lucia Montanino, moglie di Gaetano Montanino; Emanuela Scamardella, figlia di Palma Scamardella ; Paolo Siani, fratello di Giancarlo; Enzo Castaldi, padre di Paolo Castaldi; Lorenzo Clemente, marito di Silvia Ruotolo; Susy e Palma Ciminiello, sorelle di Gianluca; Goffredo Locatelli, nipote di Marcello Torre.  La famiglia Pirone, del quattordicenne che rimase ferito nella sparatoria in cui morì Petru Birladeanu, non ha potuto presenziare, ma ha espresso la propria vicinanza all’evento.