foto di Francesca Oggiano
di Laura Orlandini
BARCELLONA – “Barcellona ti costa un occhio della testa”, annuncia una cartolina che circola in internet da qualche settimana. Nella foto, il ritratto di un ragazzo di ventisei anni, barba e capelli neri, espressione seria. L’occhio sinistro è castano e trasmette malinconia e intelligenza. L’occhio destro non c’è: è vuoto. Una sfera bianca, senza espressione e luce. Nicola Tanno, molisano residente a Barcellona, ha perso un occhio perché qualcuno, nella notte del 12 luglio 2010, ha deciso di mirare proprio al suo volto. E ancora non è stato in grado di stabilire chi sia stato, nè per quale motivo l’abbia fatto, anche se una cosa è indubbia: l’aggressore portava la divisa.
La Catalogna ha una polizia locale, si chiamano Mossos d’Esquadra, i “ragazzi della squadra”. La tenuta antisommossa prevede un fucile che spara pallettoni di gomma, grandi poco meno di una palla da tennis. Sembrano innocui visti da vicino, sono morbidi e pare impossibile che possano fare male. Eppure nelle mani dei Mossos diventano proiettili letali, perché il fucile in dotazione spara a una velocità di 700 km orari, e soprattutto perché negli ultimi anni vige la triste abitudine di mirare direttamente all’altezza della testa. Se c’è un assembramento considerato “pericoloso”, se la manifestazione di protesta prende una brutta piega, se c’è l’ordine di sgomberare la piazza in cui si sta celebrando una vittoria sportiva, i “ragazzi della squadra” arrivano in tenuta antisommossa ed avanzano con il fucile puntato, sparando a ripetizione. I documenti sono ormai innumerevoli, le riprese video mostrano quanto questa pratica sia ormai una consuetudine collaudata, eppure nessuno ha mai chiesto ai Mossos di rispondere del loro operato.
C’è da chiedersi come sia possibile che sia permessa un’arma del genere, del resto proibita in quasi tutti i paesi d’Europa. In realtà il fucile caricato a palline di gomma (provvisto di mirino) è registrato in Spagna tra le armi non letali: ovvero, si è stabilito che provoca danni lievi, che non fa troppo male, e per questo non è necessario limitarne l’uso. La legge ne prevede l’utilizzo in caso di assembramenti pericolosi per disperdere la folla: puntati a terra, la “prima fila” dei manifestanti dovrebbe ricevere il proiettile di rimbalzo all’altezza delle gambe ed essere in questo modo persuasa ad allontanarsi. La realtà è ben diversa, e la storia di Nicola ne è un triste esempio: la sera della finale dei mondiali del 2010 si trovava come tanti per strada a festeggiare la vittoria della Spagna, ha visto i Mossos arrivare per sgomberare la piazza e mentre cercava di allontanarsi è stato colpito all’occhio da un proiettile. Nicola è una vittima casuale, una persona tra le tante che si trovavano lì, e come le altre vittime dei proiettili di gomma non è stato accusato di nulla e non ha nessuna imputazione a suo carico. La sua unica colpa è quella di essersi trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato, e finora nessuno gli ha chiesto scusa per quello che è successo. Molti hanno visto un agente prendere la mira e sparare, ma nessuno potrà mai stabilire chi sia stato, perché la polizia ha il volto coperto e non porta nessuna targa di riconoscimento.
Nicola ha avuto il coraggio e la forza di trasformare il suo tragico incidente in una battaglia politica. Da quando ha perso l’occhio si batte per la proibizione di quest’arma e per sensibilizzare l’opinione pubblica, purtroppo grandemente disinformata sull’argomento. Lo scorso 29 marzo, durante le manifestazioni dello sciopero generale, altre due persone sono state colpite all’occhio perdendo la vista, mentre un terzo è stato ferito gravemente all’addome subendo danni permanenti all’apparato digerente: eppure, quasi nessun accenno a questi episodi si è potuto trovare nella stampa ufficiale, concentrata a descrivere le derive violente della manifestazione. Sembra proprio che il “giocattolo” del fucile a pallettoni sia esente dalle leggi e dai sistemi di controllo che regolano solitamente uno Stato democratico, ovvero la pressione dell’opinione pubblica, lo sguardo vigile della stampa, l’intervento istituzionale di fronte al mancato rispetto delle regole: elementi, questi, sorprendentemente assenti in un paese che ha dimostrato in altri momenti essere una piattaforma democratica d’avanguardia. I Mossos agiscono senza rispettare le normative, non portano la targa di riconoscimento e non sparano a terra come dovrebbero, eppure non gli si chiede di rispondere del loro operato e l’impunità di cui godono è pertanto totale. Un episodio ha purtroppo dimostrato di recente quanto le palle di gomma siano letali: nei paesi baschi, il 3 aprile scorso, un ragazzo di 28 anni è morto dopo tre giorni di coma, a causa di un trauma celebrale provocato dell’impatto di un proiettile di gomma. La polizia basca ha annunciato l’abolizione dell’arma, ma l’esempio non sembra volersi estendere alle altre regioni del paese.
Raccontare il più possibile questa storia, portarla anche fuori dai confini spagnoli, raccogliere firme per la proibizione di quest’arma, è l’unico modo in questo momento per tentare di ottenere attenzione e giustizia. Delle sei persone mutilate di un occhio negli ultimi anni, tre sono di nazionalità italiana (a Nicola Tanno si sono aggiunte le due vittime del 29 marzo), ma non c’è stata nessuna richiesta di spiegazioni da parte delle istituzioni nazionali e per molto tempo la stampa italiana ha mantenuto un silenzio pressoché totale. Eppure, Barcellona è la città più “italiana” d’Europa, la comunità italiana è di gran lunga la più numerosa della città, una generazione di giovani in cerca di futuro ha deciso di lasciare l’Italia dei favoritismi e di piantare le tende nella capitale della Catalogna. Fare le valigie per andare all’estero alla ricerca di opportunità migliori, di un mondo dove impegno e creatività possano trovare spazio, e ritrovarsi poi in un paese dove la polizia aggredisce e uccide impunemente, è un grosso trauma; ci può servire però per renderci consapevoli del fatto che non esiste nessun paese felice dove fuggire, ma che la democrazia va difesa e tenuta stretta in ogni luogo.
L’impunità di cui gode la polizia catalana sta aprendo un varco pericolosissimo nella vita democratica collettiva, una sospensione dello stato di diritto che rischia di trascinare con sé libertà faticosamente conquistate. La palla di gomma spara nel mucchio, colpisce a caso, non fa distinzione tra buoni e cattivi, eppure ha una mira molto precisa: semina paura, diffonde il dubbio che sia meglio restare in casa piuttosto che scendere in piazza, ti fa sapere che c’è un potere molto più forte contro il quale è meglio non alzare la voce. Abbiamo già visto quanto questi buchi neri abbiano la capacità di espandersi, quanto siano contagiosi: la sospensione dei diritti umani in un angolo fa cadere in picchiata il livello di democrazia tutt’attorno, come in un domino. In Spagna si sta portando avanti in questi mesi una svolta autoritaria e repressiva, è necessario mantenersi all’erta e rispondere con determinazione, per rivendicare il diritto alla partecipazione, per continuare a tenere la testa alta, ed anche gli occhi.
La petizione al ministero degli esteri si può firmare qui
Per saperne di più:
Sito dell’associazione Stop Balas de Goma, fondata da Nicola Tanno nel 2010
Intervista a Nicola Tanno nel programma radio Zibaldone
Documentario “Io Ho Visto”
Sinossi del libro “Tutta colpa di Robben”