Home » Musica, Napoli, News, Spettacolo » “Save the music, save Naples”: Cassese, De Maio e De Carmine arrivano alla “Domus Ars” e firmano la rivoluzione della musica d’autore

“Save the music, save Naples”: Cassese, De Maio e De Carmine arrivano alla “Domus Ars” e firmano la rivoluzione della musica d’autore

Save the music, Save Naples - 28 Dicembre


foto di Roberto P. Ormanni
di Roberto P. Ormanni

Ogni volta che entro nella chiesa di San Francesco delle Monache, nascosta nel cuore storico di Napoli, mi percorre un brivido sommesso. Non riesco a trattenermi, l’emozione è più forte di me. Sento una reale commozione vedendo trasformato un luogo, prima sacro per culto religioso, in una casa dedita interamente alla musica, alla cultura, all’arte. Credo che non sia un caso se la “Domus Ars”, l’associazione diretta da Carlo Faiello, abbia trovato sede proprio in una chiesa: la passione artistica, la fatica intellettuale, spesso converge sotto più punti la fede sacrale. La cultura non si crea solamente, nella cultura oggi si crede. Ed è all’insegna di questo ideale che, mercoledì scorso, la rassegna targata “Domus Ars”, “Save the Music, save Naples”, ha accolto sul palco, durante il suo quarto appuntamento, la musica d’autore di Andrea Cassese, accompagnato al piano da Marco Corcione, Mimì De Maio e Antonio De Carmine (Principe). Proprio quest’ultimo, durante il concerto, ha regalato alla platea una piccola sorpresa, facendo salire in scena Mauro Spenillo (Socio M.), spalla musicale dal 1999, che lo ha fiancheggiato nell’esecuzione di alcune canzoni (non ultima “Targato NA”, pezzo presentato a Sanremo 2001 e mantenuto a memoria da tanti).
“La musica è una cosa seria”, spiega Andrea Cassese, “Non voglio sembrare metaforico, ma l’arte è un vero canale di cultura. E fare cultura è lavoro. Oggi serve un ampio sostegno al lavoro, anche a questo”. Andrea, cantautore napoletano classe 1986, “allievo artistico” di Fausto Mesolella, che da sempre gli ha prestato la sua attenzione, illustra che “il cantautorato trova difficoltà perché necessita di attenzione”. “Purtroppo – dice Cassese- è questo che manca: l’attenzione. Eppure la musica non è solo sottofondo, ha un compito importante nella vita di tutti. Forse si dovrebbe provare a interrompere la musica. Fare uno sciopero musicale e vedere cosa succede”.
Il futuro è incerto, ma si respira una speranza sconfinata: “Sono giovane e vivo il passato solo attraverso ‘fotografie del ricordo’”, commenta Andrea, “Eppure in questa epoca c’è del buono e del brutto: siamo in crisi, però a Napoli sembra che con la nuova politica comunale si stia muovendo qualcosa. Ci sono, per esempio, i social network, che sì appiattiscono la richiesta, ma al contempo offrono spazi importanti a tutti”. E proprio sul discorso “social web” interviene anche il giovane Mimì De Maio: “Oggi con le nuove tecnologie tutti possono fare tutto. A volte sembra addirittura che tutti diventano artisti e nessuno vuole essere pubblico. Ma la verità è che ce la fa davvero solo chi non molla. Prima arrivava subito, ma la selezione continua ad esistere”.
Mimì, nonostante i ventisei anni appena compiuti, presenta un curriculum di attività lunghissimo e di respiro vario. Cantautore, ambasciatore del Premio Lauzi, già fondatore della RadioGirotondo Record e da qualche tempo produttore (l’ultima proposta sostenuta è il lavoro della Banda Brasileira): “E’ difficilissimo – spiega De Maio – trovare qualcuno che sposa con passione un progetto, investendoci energia e denaro. La produzione oggi è dura”. Eppure Mimì continua e non si tira indietro: “Io credo che la musica abbia un grande potere salvifico”, dice, “Alleggerisce il quotidiano, aiuta a godersi la vita e ad apprezzare le bellezze che a volte vengono nascoste”.
Musica salvatrice, dunque. Come nel caso di Antonio De Carmine: “La musica mi ha letteralmente salvato”, spiega Antonio, “Sono stato ragazzo negli anni ’80, in un periodo caratterizzato da conflitti a fuoco quotidiani. Vedevo miei amici, coetanei, che si ritrovavano nemici seguendo logiche di faida, di sistema. In questo contesto, io tornavo a casa per suonare e per stare lontano dai pericoli”. Dopo un momento di pausa, poi, Antonio aggiunge: “La musica, però, può salvare soprattutto se supportata dalle istituzioni. C’è bisogno di iniziative sul territorio. La musica può salvare Napoli se chi guida la barca salva la musica e investe in questa”.
Antonio De Carmine, alias il Principe, figlio di don Gennaro, custode del castello Maschio Angioino, dove Antonio è vissuto ed è cresciuto. Un principe gigante, alto, armato di chitarra e armonica, che porta tanta storia negli occhi. Quegli occhi che si nascondevano dietro le lenti colorate, sul palco del Teatro Ariston, nel 2001: era il Festival di Sanremo e Antonio cantava “Targato NA”, in compagnia di Mauro Spenillo, con cui aveva fondato il duo “Principe e Socio M.”.
Oggi, il Principe continua a fare musica nella sua città, Napoli: una città abitata “da tanti Ercole”. “Esistono delle fatiche – spiega Antonio – vere e grandissime: investire in un progetto, in un’attività artistica, è uno sforzo. Bisogna combattere, prima di tutto, con la burocrazia e i suoi mille ostacoli, dopodiché con il pubblico. La gente spesso parla, dice di sostenere un’idea, un disegno, ma si tira indietro nel momento in cui bisogna intervenire”.
Ma Antonio non dimentica le difficoltà dei giovani: “E’ più unico che raro trovare qualcuno che abbia aiutato o aiuti con piacere un giovane”, confessa, “Questa usanza è praticamente inesistente, a meno che non si considera la scena neomelodica cittadina. Sembra ci sia un timore, una paura degli addetti di perdere il proprio posto. Il punto è che oggi c’è un precariato, ad ogni livello, voluto dagli ‘anziani’ che non investono nei giovani. Da qui, anche le istituzioni perdono fiducia in ciò che è giovane”.
Tra le tante difficoltà già presenti, poi, si aggiungono anche gli ingranaggi del mercato musicale. “Le etichette discografiche sono un territorio martoriato”, riflette De Carmine, “C’è qualcosa di strano che soffoca qualcosa di grande che vorrebbe esplodere”.
Prima di salutarci, chiedo al Principe che prospettive ci sono per la musica d’autore, per il “cantautorato”: “Ho avuto la fortuna di conoscere e di essere prodotto da chi ha coniato la parola ‘cantautore’, Vincenzo Micocci”, mi dice Antonio, “Oggi, nonostante l’immagine diffusa sia diversa, esiste un esercito di cantautori. Un esercito che prima o poi dovrà necessariamente prendere in mano il mercato. Il discorso che mi conforta è questo: siamo tanti, non siamo soli”.